La storia di Martina che con un arto artificiale ha fatto il record dei 100 metri

Scoppia di vita, Martina Caironi, come è giusto che sia quando si hanno 21 anni, una vita davanti, un record italiano nei 100 metri appena firmato, un titolo di studio da prendere nella materia preferita, un mucchio di amici con cui passare il tempo e su quali contare nei momenti neri. Come quello successivo a un giro in motorino di un giorno di novembre del 2007, quando un pirata della strada – invadendo la corsia di marcia opposta, dove Martina guidava prudente e tranquilla come al solito – la scaraventò a terra. Portata d’urgenza al pronto soccorso, la giovane si vide costretta a subire l’amputazione della gamba sinistra.”Per fortuna mi ha operato un medico austriaco”, racconta oggi. “In Austria, è molto praticato lo sci, da parte degli amputati, e lui mi ha praticato una disarticolazione, tagliando al livello del ginocchio e consentendomi, attraverso l’applicazione successiva di un ginocchio elettronico, di indossare protesi sportive, e continuare a fare quello che ho sempre fatto e amato fare, sin da piccola”. 

Lo sport, appunto. Ha fatto di tutto, Martina, con una curiosità inesauribile e per lei non hanno segreti il pattinaggio, la pallavolo, la maratona, la corsa a ostacoli, il salto in lungo, la velocità, il nuoto. Da due settimane, inoltre, ha anche una protesi da corsa, oltre a quella per tutti i giorni. “Quella che indosso sempre è comodissima, si mette e toglie con una facilità incredibile, e pensare che all’inizio usavo le stampelle”, continua. “Si fa fatica sì, ma le braccia erano allenatissime e in perfetta forma.  La protesi me l’hanno fatta in Austria”. Quella da corsa, invece, nasce al Centro Protesi INAIL di Vigorso di Budrio, dove Martina si è rivolta e ha conosciuto tante persone: dal personale tecnico e medico agli atleti protesizzati, come il campione paralimpico Stefano Lippi. Qui, è anche entrata in contatto con il mondo Cip, conoscendo e facendosi conoscere da allenatori come Mario Poletti, responsabile tecnico dell’atletica leggera. Da lì al tesseramento con la Runners Bergamo e alle gare, il passo è stato breve. Ma facciamo un salto indietro: come si esce dal dramma dell’incidente? “Nel mio caso, determinanti sono stati la famiglia e i miei meravigliosi amici: non sono rimasta sola un istante, sin dal ricovero”, risponde.

“Questo mi ha dato grande forza, mi hanno anche aiutato a non perdere l’anno scolastico. Poi pian piano ho ripreso a fare quello che facevo. Certo per la corsa, ora che devo ancora allenarmi bene con la protesi nuova, sento indolenzimento. Ma la sensazione di risentire di nuovo la spinta di ritorno, quando saltello con il piede sinistro, è indescrivibile, meravigliosa”. Martina – che ha studiato al Liceo psicopedagogico, perché ha sempre avuto un’inclinazione particolare verso il sociale – adesso frequenta da un anno l’Università, con indirizzo mediazione linguistica e interculturale. Ha così tanto da fare, tra studio, impegno sportivo e amici, da dare un’importanza relativa anche a qualcosa che a chiunque potrebbe apparire clamorosa: come fissare il nuovo primato italiano nella gara più veloce, i 100 metri, che ai Tricolori di Imola ha corso in 19″98. Una saetta, oltre che un portento, considerato che indossa la sua protesi ipertecnologica da sole due settimane.”In realtà non ho fatto nulla di straordinario, è che ci sono pochissimi atleti a competere con le protesi, in Italia”, aggiunge. “Io, per esempio, ero la sola nella mia categoria, e quando non ci sono concorrenti, la cosa è relativa. Ecco, vorrei che tutti quelli nella mia condizione mi vedessero e credessero che è possibile farlo. Una cosa bellissima è aver conosciuto Pistorius, che ringrazio per aver scritto “Dream Runner, in corsa per un sogno”, un libro che mi ha segnato profondamente, e mi ha ispirata, convincendomi sempre di più a fare atletica”. Martina pensa che tutti dovrebbero leggerlo, il libro di Oscar. “Chi perde davvero non è chi arriva ultimo, è chi resta seduto a guardare, e non prova nemmeno a correre”. Leggendo questa celebre frase sale un brivido, che fa apparire quel sogno un po’ più vicino. E per Martina, ormai, una fantastica realtà.

FONTE:

ConfiniOnline.it

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