Insegnante Sostegno

Insegnante di sostegno: ora serve una specializzazione

Spesso, in ambito scolastico, si sente parlare di una particolare tipologia di docente, una figura di supporto fondamentale per studenti con disabilità, introdotta nell’ordinamento scolastico italiano già dal 1977, con la Legge n. 517 del 4/8 di quell’anno. Ci riferiamo all’insegnante di sostegno, un ruolo delicato e, per certi versi, davvero difficile: un educatore che si occupa di gestire e tutelare la disabilità dello studente che gli viene affidato, spesso anche più di uno, nel cammino formativo della scuola dell’obbligo, non solo per aiutarlo a studiare e ad apprendere, ma anche per realizzare interventi mirati a sostenerlo, facendolo interagire al meglio con i compagni e l’intero corpo scolastico.

L’insegnante di sostegno, per diventare tale, deve seguire un percorso che, nel tempo, si è rivelato sempre più complesso, in base alle modifiche introdotte dal Miur, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, anche grazie alla recente riforma della Buona Scuola, attuata dal precedente Governo con il D.Lgs n. 66 del 13/4/2017.

La sua didattica, così delicata, deve derivare da specifici percorsi formativi, tanto che, in caso di assenza di una mirata specializzazione, il docente che ricopre questo ruolo potrebbe anche essere dimesso dal suo incarico e sostituito.

È richiesta una qualificazione inerente alla tipologia di disabilità dello studente a cui l’educatore viene affidato, anche se sappiamo che, in diversi casi, non è proprio così. Recentemente, si è anche creato un precedente, a Catanzaro, dove i genitori di una studentessa ipovedente, hanno chiesto l’intervento del TAR in quanto alla figlia il plesso scolastico aveva assegnato un insegnante di sostegno non specializzato nella lingua Braille, nonostante le ripetute insistenze della famiglia, ottenendo l’accusa dell’amministrazione scolastica per grave inadempienza.

Il Consiglio di Stato, con una storica sentenza, ha sancito infatti il diritto della giovane disabile ad essere seguita da un insegnante dotato delle conoscenze tecniche fondamentali per gestire l’handicap di fronte al quale si trova ad operare.

Onde evitare, dunque, di incorrere in infrazioni così determinate, vediamo di comprendere l’iter formativo a cui si deve sottoporre un docente per essere in regola con la specializzazione di sostegno. Di base, deve comunque:

  • Avere determinati requisiti d’istruzione: Laurea in Scienze della formazione primaria, Diploma accademico di II livello rilasciato dalle istituzioni AFAM, o di Didattica della Musica, Diploma magistrale o triennale di scuola magistrale, o titoli sperimentali ad esso equiparati.
  • Possedere una corretta conoscenza dei mezzi espressivi e delle tecniche educative specifiche
  • Scegliere di intraprendere un percorso di formazione speciale con la cognizione di seguire un articolato processo a tappe (peraltro sovente modificato, come vedremo)

Sino alle disposizioni emanate a livello politico con le nuove Leggi, vige un periodo di transizione che ha portato a superare il TFA Sostegno (Tirocinio Formativo Attivo), sinora necessario ad acquisire le corrette competenze per gestire bisogni educativi speciali. Tali passaggi formativi a cui era sottoposto l’educatore riguardavano una prova preliminare e poi le due concorsuali, scritta e orale, il tutto per una durata di 8 mesi. L’iscrizione al TFA lascia spazio al percorso FIT (Formazione Iniziale e Tirocinio), della durata di 3 anni al termine del quale avviene l’inserimento nella funzione docente. Non più una “semplice” abilitazione, ma un concorso con formazione pratica nell’ambito di una procedura particolarmente selettiva, voluta dalla Buona Scuola, per conseguire la specializzazione atta all’insegnamento presso la scuola dell’infanzia e primaria.

Perseguendo lo scopo di assicurare il diritto allo studio e l’eguaglianza sociale per tutti gli studenti, anche quelli con disabilità gravi, per il sostegno è prevista una prova scritta a tema Pedagogia Speciale e Didattica dell’Inclusione. Bisogna però prestare attenzione alle novità previste dalla LdS 2019, non ancora del tutto definita, in quanto il Ministro Marco Bussetti ha fatto intendere che tale cammino di reclutamento dovrà cambiare di nuovo, all’insegna della semplificazione e, dunque, si parla addirittura di prossima abolizione, o sostanziale modifica, del FIT, sostituito da un concorso pubblico nazionale, indetto comunque su base regionale e interregionale, con carattere abilitante, e che consentirà l’accesso a un percorso annuale di formazione iniziale e prova.

Il complesso sistema della riforma scolastica dovrebbe così snellire la lenta procedura per accedere ad una cattedra di sostegno: diversi aspiranti docenti temono, infatti, il lento consumarsi di tempi troppo lunghi, e di graduatorie infinite prima di giungere alla titolarità del ruolo. Le tappe da sostenere comportano sforzi notevoli, in termini di studio e di attesa, e per ottenere la chiamata stabile è indispensabile aver conseguito la corretta specializzazione, maturato punteggi elevati e, infine, selezionato la provincia migliore per la convocazione.

Foto di copertina realizzata da misfotografias2 – Own work, CC BY 2.0 – Link alla foto: clicca qui

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