Amministratori di sostegno: per camminare a fianco delle persone disabili

Abbiamo intervistato l’avvocato Claudio Tagliaferri, lui stesso volontario, autore di un saggio giuridico sull’argomento.
Lo abbiamo incontrato nel suo studio maestoso e accogliente situato nel cuore di Piacenza, dove svolge la professione di avvocato civilista e di autore di numerose pubblicazioni di tema giuridico.
La professionalità di Claudio Tagliaferri, da ormai dieci anni e senza troppo clamore, è al servizio anche del mondo della solidarietà.
Un modo poco diffuso di concepire il volontariato, lontano dallo stereotipo del donatore di manodopera gratuita nel campo dell’assistenza e della sanità.
Militante dell’Associazione assistenza spastici (Aias), Tagliaferri ha costituito insieme ad alcuni colleghi un presidio legale interno all’associazione che offre consulenza alle persone disabili e ai loro familiari per casi di discriminazione, in tema di barriere architettoniche e abitabilità della casa e amministrazione di sostegno.

Proprio a questa nuova figura giuridica – che sta sostituendo l’Interdizione e l’inabilitazione – Tagliaferri ha dedicato buona parte del suo impegno volontario e professionale e per favorire la conoscenza della legge ha appena pubblicato un libro (L’Amministrazione di sostegno, edito dalla casa editrice La Tribuna), che domani presenterà a Pavia.
Gi abbiamo chiesto di parlarci del suo saggio e della sua esperienza di volontario-professionista.
“Il libro nasce dal bisogno di informazione su una legge relativamente recente (è la n° 6 del 2004), ed ha carattere pratico e operativo. Si rivolge dunque ai giuristi, ma anche agli operatori sanitari o ai privati che esercitano o eserciteranno il ruolo di Amministratore di sostegno”.
Per i non addetti ai lavori, cosa c’è di nuovo in questa modalità di assistenza alla persona disabile?
“L’Amministrazione di sostegno introduce un ribaltamento di prospettiva nel considerare la necessità di assistenza della persona disabile, mettendo al centro l’individuo e non più la patologia. Come recita un noto proverbio cinese: “Cammina al mio fianco e saremo sempre amici”.
Prima dell’approvazione della legge (attesa per oltre 18 anni dalle associazioni impegnate sul fronte della disabilità), c’erano solo due vie per tutelare la persona disabile o incapace di gestirsi autonomamente: l’Inabilitazione, applicata a soggetti prodighi, etilisti o fortemente depressi per la gestione di atti di straordinaria amministrazione, e l’Interdizione, che riguardava tutti gli altri: le persone incapaci di intendere e di volere, così come persone con disabilità esclusivamente fisica”.
Anche queste ultime perdevano ogni diritto sulle scelte relative alla proprietà?
“Purtroppo sì. Il tutore agiva non in sostegno ma in rappresentanza dell’assistito e si occupava solo della gestione del patrimonio. Inoltre Interdizione e Inabilitazione sono etichette negative e squalificanti per la persona, mentre nell’Amministrazione di sostegno l’affiancamento si gioca a 360 gradi sulla tutela della persona, sia in ambito patrimoniale sia nella cura delle sue esigenze abitative, della salute, della sfera privata e lavorativa, ma sempre tenendo conto della sua volontà”.
Ma Interdizione e Inabilitazione esistono ancora.
“Sì, ma vi si ricorre sempre meno. L’Interdizione è l’extrema ratio, oggi riservata ai casi in cui la persona sia gravemente incapace di intendere e di volere ma in grado di interagire con l’esterno e quindi di nuocere a se stessa”.
A chi può essere applicata e come si ricorre all’Amministrazione di sostegno?
“A tutti coloro che, per effetto di un’infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovano nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi civili e/o patrimoniali : si pensi alla maggior parte delle persone disabili, quali anziani, handicappati fisici, alcolisti, lungodegenti, carcerati, tossicodipendenti eccetera.
La nomina di un Amministratore di sostegno può essere richiesta dalla stessa persona in situazione di bisogno, così come dai familiari o dai servizi sociali anche senza la presenza di un avvocato e senza il pagamento di della tassa di iscrizione al ruolo. La competenza in materia è stata trasferita al Giudice Tutelare con un iter che richiede non più di due-tre mesi”.
Ed è il giudice che stabilisce le competenze del tutore?
“Sì. A differenza di Interdizione e Inabilitazione, è un abito tagliato “su misura”.
Il Giudice tutelare si fa interprete delle esigenze del destinatario e definisce la durata dell’assistenza (se temporanea, come nel caso di invalidità momentanea o detenzione) e gli ambiti di competenza del tutore che, periodicamente, deve presentare al giudice il resoconto del suo operato”.
Un lavoro impegnativo. È a carico del familiari? Prevede una retribuzione?
“L’Amministrazione di sostegno è tendenzialmente a titolo gratuito e, quando possibile, viene affidata a un familiare della persona disabile. Quando la persona è sola o i suoi familiari non sono in grado di gestire il suo patrimonio, il compito viene affidato a un avvocato. Per gestioni particolarmente gravose è il giudice che stabilisce un compenso che però non tiene conto della tariffa legale”.
Lei è giurista per lavoro e anche nel volontariato: non preferirebbe spendersi in un servizio volontario che esuli dal suo impegno quotidiano?
“Mi piace molto quello che faccio. Con la mia esperienza lavorativa posso dare un contributo di qualità e in tempi assai più rapidi rispetto a chi non esercita la professione. Inoltre opero in un contesto diverso da quello lavorativo e la gratificazione arriva dal rapporto con le persone, dai loro sorrisi”.
Consiglierebbe ad altri professionisti di mettere a disposizione del volontariato le proprie competenze specifiche?
“Lo faccio spesso. Perché è un’esperienza di crescita personale e un continuo bagno d’umiltà. L’unico presupposto per farlo bene è credere fermamente in ciò per cui ci si impegna”.
Fonte:
Libertà.it

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