Paraplegico dal 1963, quando un incidente sul lavoro gli fece perdere l’uso delle gambe, Cesare Piccini ha vinto la sua battaglia: dopo alcuni anni di sofferenze, ha ritrovato l’impegno operativo, si è fatto una famiglia, ha potuto guidare l’auto e raggiungere ottimi risultati negli sport per disabili. E ora, arrivato al traguardo dei 60, è ancora attivo.
Amici, conoscenti, colleghi altrettanto sfortunati guardano a lui come a un esempio di come si possa, e si debba, reagire alle avversità. Considerando anche che oggi tante cose sono cambiate – nelle terapie riabilitative, nel lavoro, nelle possibilità agonistiche – rispetto a 45 anni fa. «Allora facevi anni a letto, adesso dopo due mesi giochi a basket!» Appassionato da sempre di sport, oltre alla pallacanestro, quando ha potuto ha scelto il nuoto e la corsa.
Alla Maratonina di domenica 28 settembre, con la sua “handbyke”, una strana bici a tre ruote condotta con la forza delle braccia, è «sfrecciato» per le vie di Udine classificandosi quinto, ovviamente nella categoria disabili (nel 2002 era arrivato quarto e nel 2001 addirittura secondo).
Questo è l’odierno identikit di Cesare Piccini, classe 1947, nato e cresciuto a Tavagnacco in una famiglia di origini contadine. Abita in una bella casa nel cuore del paese, tra il Parco e il Grop, accanto alla madre Bruna, 83 anni (il padre Attilio è mancato nel 1983) e al fratello Maurizio, messo comunale a Udine, e alla sua famiglia. Eravamo a Cavalicco, sul tetto di un capannone lungo la statale. Impugnavo una pertica di ferro che ha toccato una soprastante linea elettrica da 20 mila volt: il ferro si è “elettrizzato” e la corrente mi ha spappolato le mani. Inoltre sono caduto da 8 metri lesionandomi in tre punti la spina dorsale.
Le cure sono durate due anni, poi ha cercato di riprendere a lavorare come disabile, ma «non avevo titoli per un ufficio (ho dovuto interrompere le scuole serali al Malignani)».
Una bella opportunità gli è capitata nel 1965 quando è stato chiamato al Cto di Roma-Ostia, centro specializzato in riabilitazione e pratiche sportive ad alto livello, dove è rimasto un anno praticando soprattutto il nuoto. «Nella rana avevo poca concorrenza, già dopo la prima gara ero campione italiano paraplegici!» Ha partecipato, con buoni risultati, anche a tornei europei. E’ stata una bella parentesi («ci portavano all’Olimpico a vedere le partite di calcio, dalla finestra della mia stanza vedevo gli aerei decollare da Fiumicino»).
Avevano puntato su di lui, appena diciottenne e molto promettente, ma poi «l’entusiasmo è calato» e, soprattutto, Cesarino sentiva nostalgia di casa.
Quest’ultima, dati i tempi («penso di essere stato uno dei primi a Udine»), è stata un’«impresa». Tanti problemi per la macchina («la 500 era considerata pericolosa perchè aveva il motore anteriore!») e per le visite («la commissione medica si riuniva all’ultimo piano di palazzo D’Aronco e l’ascensore era troppo piccolo per le carrozzelle!»).
La moglie l’ha conosciuta, appunto, tramite un gruppo di amici «che mi hanno molto aiutato. Allora non avevano ancora scoperto le “barriere architettoniche” e noi in carrozzella eravano piuttosto emarginati: nei ristoranti ci mettevano in un angolo, al cinema talvolta ci rifiutavano!»).
Cesare e Jole si sono fidanzati, hanno ristrutturato la vecchia casa di via Matteotti (ma già quando lui era a Roma gli avevano fatto la cameretta con bagno al pianoterra) e nel ’72, si sono sposati. Due anni dopo è nata Federica, oggi commessa in un negozio di abbigliamento a Udine, e nell’80 Mirko, che lavora come tecnico di computers alla Danieli.
Quanto alla riabilitazione, nell’85 Cesare Piccini ha cominciato a frequentare l’istituto Progetto Spilimbergo, appunto nella cittadina del mosaico. Sorretto dalla famiglia e dagli amici («mi è stato molto vicino anche il mio medico, il compianto dottor Valerio Rossitti»), il disabile di Tavagnacco ha cercato anche di riprendere il mestiere.
Lavorava in casa, sempre nel settore delle insegne, per varie ditte («che spesso si approfittavano: mi davano quattro soldi perchè sapevano che non avevo alternative»). E poi aggiustava aspirapolvere, ferri da stiro, phon «e altri piccoli elettrodomestici che oggi si buttano…».
Lavorava anche in collegamento con un amico di Gradisca, l’elettrotecnico Egone Tomasinsig, paralizzato da un incidente stradale, che aveva conosciuto in ospedale a Padova. L’amicizia si è rafforzata e insieme hanno costituito un’associazione per lo sport di gruppo (pallacanestro) tra paraplegici.
Con Tomasinsig presidente e Piccini vice (ma anche autista, dato che guida lui il furgone della squadra!) . Non avevamo le carrozzine speciali, in regione non c’erano squadre con cui confrontarci. Dovevamo andare in Veneto, accollarci le spese delle trasferte e degli allenamenti. perdevamo sempre. Poi è arrivato uno sponsor, i Vini Castelvecchio di Gradisca, della famiglia Terraneo.
L’anno scorso la Nord Est è arrivata addirittura in A1 («viaggiavamo in aereo: si giocava da Torino a Bari, da Taranto alla Sardegna») e ora è in A2 avendo dovuto rinunciare alla categoria superiore a causa delle troppe spese.
Dal 1995 Cesare alterna al basket la handbyke che, soprattutto d’estate, lo porta in giro per il mondo. E’ stato a Berlino, in Brasile, in Uruguay (primo assoluto tra i disabili ai campionati di Punta del Este), in Argentina e in Paraguay.
Quest’anno ha vinto, il 4 maggio scorso, la Maratona di Trieste e il Giro del Friuli (nella prima categoria D) e, come accennato, è arrivato quinto nella Maratonina di Udine. Nel salotto di casa fanno bella mostra una dozzina di coppe. E si ammirano anche alcuni bellissimi modelli navali da lui realizzati al tempo della immobilità quasi totale (tra cui un grandioso veliero inglese, che gli è costato 5 anni di lavoro).
Ma adesso non ha più tempo per simili passatempi… A sessant’anni compiuti, di cui 45 in carrozzella, Cesare Piccini può dirsi soddisfatto nel tracciare un primo bilancio della propria vita.
La sua esperienza aiuta a sperare i non pochi giovani che oggi, purtroppo, restano paralizzati soprattutto a causa di incidente stradali. Sperare non certo di guarire, ma di migliorare le proprie condizioni fisiche. E di affermarsi nello sport. Tra gli altri, Piccini cita il trentenne Fabio Bernardi, di Pagnacco, olimpionico di basket quattro anni fa ad Atene, nonchè campione nazionale ed europeo.
FONTE
Espresso.Repubblica.it