Trento: Il 14,15 e 16 Novembre il Primo Festival delle Normalità Differenti

Quinto Teatro

14, 15 e 16 novembre 2008
Primo Festival delle normalità differenti

Se è vero che l’artista è colui che è capace di trasformare la realtà facendola diventare sogno allora non ci sono dubbi che essere artista è una condizione veramente accessibile a tutti: la persona disabile ha i mezzi per superare i limiti della nostra convenzionalità e per diventare artista.

Su questa convinzione si fonda la prima edizione del festival Quinto Teatro. L’equilibrio, la soglia tra arte, teatro e disabilità saranno esplorate attraverso spettacoli, seminari, laboratori e incontri.

Gli spettacoli rappresentano alcuni fra gli esperimenti più interessanti nel panorama nazionale di coinvolgimento artistico e professionale di persone disabili. I registi e le compagnie lavorano su circuiti teatrali professionali e presentano spettacoli che hanno la stessa dignità di quelli che troviamo nei cartelloni dei più celebrati teatri tradizionali. Con un’unica variante: gli attori superano veramente le barriere convenzionali, trasformandosi in artisti senza però rinnegare la loro condizione personale.

Direttori artistici

Andrea Brunello – Arditodesìo

Mauro Tommasini – Cooperativa Sociale La Rete

In teatro c’è una storia recente, che ha però radici lontane, che vede gruppi teatrali, registi, drammaturghi e attori che si confrontano con quelle che definiamo arte del disagio; carcerati, persone con disabilità, tossicodipendenti, nomadi, anziani o adolescenti.

In questo processo nasce una nuova figura di attore, un “attore sociale” che utilizza l’arte del teatro per darsi una voce, raccontare il proprio dramma, che vede in questa “arte” (perché di arte dobbiamo parlare e non di buoni sentimenti) la possibilità di ricostruirsi una sua identità, di rivendicarla, di comunicazione sociale dalla quale è stato escluso.

Nasce un “teatro degli esseri” che si differenzia dal “teatro della rappresentazione” perché il contenuto della loro opera sono loro stessi, sono contenuto e contenitore, con il dramma sociale di cui sono portatori.

Questi artisti “diversi” non intervengono solo a “mettere in forma” la comunicazione, ma costituiscono natura della comunicazione stessa, sostanziandone possibilità e verità. Non c’è contenuto e contenitore perché il più delle volte, l’organicità delle loro presenze, che siano attori disabili, detenuti o altro, è tale che fonde corpo e mente, intenzione e azione, risorse tecniche e contenuti personali.

Lottano contro tutte le esclusioni, non solo per le proprie, perché sono capaci di portarci un altro sguardo, un’altra visione del mondo e ci insegnano che ci sono modi di vivere e di percepire la realtà diversi, altri.

Allora il teatro si avvicina a questo mondo non con intenti terapeutici, pedagogici, ma per coglierne il mistero che appartiene all’inesplicabilità dell’arte mentre la terapia è costretta a fermarsi su questa soglia.

Il teatro, in questo incontro, cerca di rinnovare il proprio senso operando sempre più spesso nelle maglie e nelle fratture di una pratica di routine, che sembra sempre di più ingessata.

Ma anche qui è necessario un distinguo; non c’è del buon teatro solo perché gli interpreti sono degli “esclusi”, con il “buonismo” non si fanno buoni spettacoli, ma è un buon teatro quando diventa autenticità artistica, poesia, emozione, e noi spettatori siamo completamente presi dal loro racconto, dalla loro trasfigurazione, che non ci interessa più la loro “condizione sociale” ma il racconto, la comunicazione, di cui sono portatori.

Per questo il teatro, a differenza di altre pratiche terapeutiche o didattiche, lavora per moltiplicare le differenze. Lavora non per renderci tutti uguali, ma per esaltare tutte le differenze, tutte le diversità.

Il teatro come il luogo dove “si rende visibile l’invisibile”, come “luogo della visione” nella globalità delle sue eccezioni: “visione” di ciò che si vede, ma anche profezia (quello che potrebbe essere) e memoria (personale e collettiva).

Il teatro ha la sua ragione se è capace di “rivelare” l’oscuro, il rimosso, o semplicemente svela quello che già è sotto i tuoi occhi ma che, comunemente, non si vede.

Peter Brook scrive sul teatro: “ci da’ la distanza da quello che normalmente ci sta intorno e abolisce la distanza tra noi e ciò che di solito è lontano”.

Antonio Viganò

Per informazioni: Ufficio Stampa
Compagnia Arditodesìo (ex Teatro di Bambs)
c/o Teatri Possibili Trento, C.so 3 Novembre, 72, 38100 Trento
tel. 0461.924470, cel. 348.3985085
email festival@quintoteatro.it – www.quintoteatro.it

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