Ogni anno, il 20 novembre, viene celebrata la “Giornata dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”, in coincidenza con la data in cui, nel 1989, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite firmò la Convenzione Internazionale.
La giornata rappresenta l’occasione per riflettere sul livello di tutela dei diritti dei fanciulli nel nostro Paese e sulle iniziative che le istituzioni devono assumere e stimolare per rafforzarlo.
A dire il vero il tema su cui riflettere quest’anno sarà “Crescere insieme: l’accoglienza e l’integrazione dei minori stranieri in Italia”.
Ma le associazioni di persone con disabilità – e in particolare Anffas Onlus Sicilia, associazione di familiari e di persone con disabilità intellettiva e relazionale – non disconoscendo l’importanza del tema trattato, intendono soffermarsi, invece, sulle iniziative che le istituzioni devono assumere in tema di bambini con disabilità e cosa occorre stimolare per rafforzare la tutela di questi.
Ed il Comitato Tecnico Scientifico di Anffas Onlus Sicilia, intende partire proprio dalla Convenzione Internazionale dei diritti dei fanciulli e dal suo art. 23 che statuisce:
Gli Stati parti riconoscono che i fanciulli mentalmente o fisicamente handicappati devono condurre una vita piena e decente, in condizioni che garantiscano la loro dignità, favoriscano la loro autonomia e agevolino una loro attiva partecipazione alla vita della comunità.
2.Gli Stati parti riconoscono il diritto dei fanciulli handicappati di beneficiare di cure speciali e incoraggiano e garantiscono, in considerazione delle risorse disponibili, la concessione, dietro richiesta, ai fanciulli handicappati in possesso dei requisiti richiesti, e a coloro i quali ne hanno la custodia, di un aiuto adeguato alle condizioni del fanciullo e alla situazione dei suoi genitori o di coloro ai quali egli è affidato.
3.In considerazione delle particolari esigenze dei minori handicappati. L’aiuto fornito in conformità con il paragrafo 2 del presente Art. è gratuito ogni qualvolta ciò sia possibile, tenendo conto delle risorse finanziarie dei loro genitori o di coloro ai quali il minore è affidato. Tale aiuto è concepito in modo tale che i minori handicappati abbiano effettivamente accesso alla educazione, alla formazione, alle cure sanitarie, alla riabilitazione, alla preparazione al lavoro e alle attività ricreative e possano beneficiare di questi servizi in maniera atta a concretizzare la più completa integrazione sociale e il loro sviluppo personale, anche nell’ambito culturale e spirituale.
4.In uno spirito di cooperazione internazionale, gli Stati parti favoriscono lo scambio di informazioni pertinenti nel settore delle cure sanitarie preventive e del trattamento medico, psicologico e funzionale dei minori handicappati, anche mediante la divulgazione di informazioni concernenti i metodi di riabilitazione e i servizi di formazione professionale, nonché l’accesso a tali dati, in vista di consentire agli Stati parti di migliorare le proprie capacità e competenze e di allargare la loro esperienza in tali settori. A tal riguardo, si terrà conto in particolare delle necessità dei paesi in via di sviluppo.
La norma in commento, riguarda l’intera vita di un bambino con disabilità e, certamente, è idonea a garantire una serena vita sociale.
Alcune parole, del primo comma dell’art. 23 della Convenzione del Fanciullo risaltano alla nostra vista: vita piena, decente, dignità, autonomia, partecipazione.
Una qualità della vita, insomma, adeguata e rispettosa del decente convivere sociale, del rispetto della intrinseca dignità umana di ciascuno. Un richiamo a quella vita autonoma, a quella vita
indipendente evocata da molte persone con disabilità e da molte associazioni nonché una concreta partecipazione alla vita produttiva e sociale del Paese.
Insomma, la Convenzione dei diritti dei Fanciulli, prevede per i bambini con disabilità ciò che gli adulti con disabilità gridano e rivendicano ogni giorno.
Ma penso alla vita decente, alla dignità, all’autonomia ed alla partecipazione nel mondo scolastico, primo nucleo sociale che conosce il bambino (con o senza disabilità) dopo la sua famiglia.
Quale dignità, autonomia e partecipazione ha il fanciullo-studente se non sostenuto da quantità e qualità di personale qualificato?
Il secondo e terzo comma dell’art. 23 della Convenzione, invece, statuiscono il diritto alla salute, alle cure sanitarie e riabilitative idonee e necessarie per i bambini con disabilità.
Ed oggi, nel leggere questa norma, non ci si può esimere dal rivendicare un più pregnante e garantito ossequio del diritto alla salute ed alla tempestiva ri-abilitazione dei minori con disabilità, seppur in un momento in cui la Regione Sicilia si trovi a contenere la spesa sanitaria ed a compiere una generale riqualificazione del settore socio-sanitario.
Si pensa, infatti, a quella assoluta, necessaria e tempestiva attivazione degli organismi sanitari al fine di un’analisi ed un intervento precoce sui bambini con disabilità, unico ed importante intervento di “abilitazione e riabilitazione” che può limitare (o impedire) il degenerare esponenziale di disturbi o patologie indirette e/o correlate alle condizioni di salute determinate allo stato di disabilità.
Il bambino con disabilità – semmai fosse possibile fare una scala di valori – ha un diritto in più (e le istituzioni sanitarie un dovere in più) a beneficiare di un’assistenza sanitaria tempestiva e completa.
Ed è chiaro il dettato della seconda parte del terzo comma dell’art. 23 Convenzione: “Tale aiuto è concepito in modo tale che i minori handicappati abbiano effettivamente accesso alla educazione, alla formazione, alle cure sanitarie, alla riabilitazione, alla preparazione al lavoro e alle attività ricreative e possano beneficiare di questi servizi in maniera atta a concretizzare la più completa integrazione sociale e il loro sviluppo personale, anche nell’ambito culturale e spirituale”.
Ecco, la “parola magica” che mancava al primo comma è presente al terzo: “concretizzare la più completa integrazione sociale…”.
E con questo ulteriore termine, già nel “lontano” 1989, il legislatore internazionale individuò i termini più importanti in tema di tutela delle persone con disabilità: “dignità, autonomia, partecipazione, integrazione”.
Se tutti questi termini, se tutti questi principi riuscissero a funzionare, non sarebbe necessario utilizzare un altro termine: “non discriminazione”. Ogni qual volta, invece, risulta necessario utilizzare quest’ultimo, vuol dire che i primi non sono stati rispettati.
E di tutela dalle discriminazioni, invece, si parla nella recente Convenzione Internazionale sui diritti delle Persone con disabilità, adottata il 13 dicembre del 2006 ed ancora non ratificata dallo Stato Italiano.
Magari, in questo 20 novembre 2008 – a 19 anni dalla adozione della Convenzione Internazionale dei diritti del Fanciullo – potrebbe seriamente discutersi di non discriminare i bambini con disabilità italiani e di donare loro, al più presto, come hanno già fatto altri Paesi del mondo, la ratifica della Convenzione Internazionale sui diritti delle Persone con Disabilità.
Avv. Francesco Marcellino
Coordinatore Comitato Tecnico Scientifico
Anffas Onlus Sicilia