In questi giorni Cai sta escludendo tutte le persone con disabilità dalle assunzioni per la nuova Alitalia, e a non poter contare sulla conferma del proprio posto di lavoro “non sono solo le persone con disabilità motorie, ma anche interi gruppi di persone sorde, considerate non produttive”. Così il presidente della Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap) Pietro Barbieri denuncia i criteri seguiti dall”azienda nella scelta del personale per la nuova gestione della compagnia di bandiera.
Il presidente della Fish, intervenendo all’Auditorium dell’Inail alla presentazione del nuovo portale Superabile.it dedicato alla disabilità, ricorda che già ad ottobre l’amministratore delegato Rocco Sabelli aveva definito dei criteri di assunzione fortemente penalizzanti per le persone con disabilità e più in generale per tutti coloro che usufruiscono di permessi lavorativi per l’assistenza a familiari disabili secondo il dettato della legge 104/92.
“Quanto promesso allora, si sta realizzando oggi: ancora una volta – spiega Barbieri – resiste lo stigma della scarsa o nulla produttività sul lavoro della persone disabile e l’idea che essa rappresenti un peso e un costo piuttosto che una risorsa da valorizzare e un valore aggiunto per la stessa azienda. Tutto questo torna ora di stretta attualità in coincidenza con una operazione di assunzione che – ricorda il presidente della Fish – riguarda oltre 12mila assunzioni”.
Secondo Barbieri il comportamento di Cai nella vicenda Alitalia rispecchia la logica della caccia al “fannullone” voluta dal ministro Brunetta rispetto alle nuove norme sull’ottenimento dei permessi lavorativi per l’assistenza di familiari disabili: “Rispetto alle prime intenzioni del ministro della Pubblica Amministrazione abbiamo ottenuto una attenuazione delle modifiche alla legge 104/92 penalizzanti per i lavoratori con familiari disabili, ma ciò che più ci premeva era un totale cambio di prospettiva sulla vicenda che è stato invece totalmente ignorato.
Avevamo proposto – spiega Barbieri – un’operazione radicale, cioè quella di ricondurre il diritto alla persona assistita e non al parente, di modo da venire incontro ai bisogni reali, attuando al tempo stesso opportune verifiche con relative sanzioni per colpire gli abusi. In questo modo il diritto si sarebbe esteso verso il soggetto disabile (ad esempio con l’assistenza anche durante il periodo di ricovero ospedaliero) e per altro verso si sarebbe ridotta la possibilità per il familiare di utilizzare l’art.33 senza una vera attenzione alla persona disabile. Su tutto questo però – conclude Barbieri – non ci hanno dato retta e le conseguenze si vedono tutte”.
FONTE:
SuperAbile.it