Nicola Laezza ha 39 anni. Affetto da tetraparesi spastica dalla nascita, è laureato in filosofia ma ha fatto anche un corso di tecnico della multimedialità e quindi lavora in casa occupandosi della pubblicità telematica di un’azienda di pneumatici. Ha scritto un libro che è in uscita, “Andare oltre l’assistenza”, e cerca di condurre una vita il più normale possibile, anche se ci spiega che a San Benedetto è molto difficile.
Cosa si intende per vita indipendente?
«Non significa che noi disabili non abbiamo bisogno di nessuno. Vita indipendente significa che vorremmo avere la stessa possibilità di controllo e di scelte nella vita quotidiana che i nostri fratelli e sorelle, vicini di casa e amici considerano come garantite. Vorremmo crescere nelle nostre famiglie, frequentare la scuola vicina a casa nostra, usare lo stesso autobus, svolgere lavori secondo la nostra istruzione e le nostre capacità.
Perché non ti è possibile condurre questa vita indipendente a San Benedetto?
Mi dispiace dirlo ma San Benedetto si trova allo stesso livello di Napoli per quanto riguarda le barriere architettoniche. Roma è molto accessibile e da quando mi sono trasferito qui trovo moltissime difficoltà in più. Se la legge dice che in corrispondenza delle strisce pedonali deve esserci uno scivolo sul marciapiede non capisco perché questo scivolo non ci sia quasi mai. Non parliamo poi della pedana sugli autobus. Nicola ha infatti un’assistenza fissa ed è finanziata dal Comune di Roma.
Nicola ha infatti un’assistenza fissa ed è finanziata dal Comune di Roma.
«Io ho ancora la residenza a Roma e il motivo è semplice: la regione Lazio dà i soldi per l’assistenza direttamente al disabile piuttosto che alla cooperativa di assistenza domiciliare come invece avviene nel resto d’Italia. Io e gli altri che fanno parte del movimento per la vita indipendente ci battiamo anche per avere una legge nazionale in merito che funzioni davvero».
A che punto siete con la vostra battaglia?
I centri di riabilitazione prendono dallo Stato circa trecento euro al giorno per ogni disabile ricoverato. È ovvio che non hanno interesse a renderci indipendenti. Io con il denaro dell’assistenza riesco a pagare una persona fissa con un regolare contratto e gli verso i contributi.
Tornando alla nostra città, per quale motivo siamo ancora tanto indietro secondo lei?
«Mah… È una questione di mentalità, di chiudere un occhio per delle leggi che sono solo per pochi, di scarsa attenzione all’altro. Faccio un esempio: per aprire un’attività privata se non è tutto secondo le norme e se il locale non è del tutto accessibile non avrai mai i permessi, per quanto riguarda il settore pubblico però il Comune chiude un occhio molto facilmente. Per i privati spesso si è più elastici, ma tutto ciò che dipende dal Comune è veramente accessibile: autobus, metro, marciapiedi…».
Può darci qualche anticipazione sul suo libro in uscita?
«Nel mio libro spiego cos’è veramente una politica assistenziale e come va fatta. L’uomo deve poter vivere e non sopravvivere, quindi occorre liberare i disabili dagli istituti assistenziali. C’è l’ipocrisia di offrire al disabile la migliore assistenza possibile per liberare la società da alcuni soggetti che possono turbare la tranquillità della cosiddetta categoria dei “normali”.
Giada Siliquini
FONTE:
SanBenedettoggi.it
ciao Nicola. sei sicuramente un uomo da ammirare. non ti sei rassegnato, non ti sei piegato e questo è sicuramente un grande passo verso una vita “normale”. sono angela, sorella di Nicola, un ragazzo di 27 anni vittima di un grave incidente automobilistico. è cambiato tutto dopo quel 27 dicembre del 2005. dopo 3 anni mio fratello è ancora molto molto in dietro. giù a bari non ci sono strutture adeguate e lui fa pochissime ore di palestra e il resto della giornata lo passa coi miei, 60enni tutti e due che non lo stimolano in nessun modo. è fermo. è rassegnato. è triste. vorrei fargli leggere un libro scritto da una persona che ha i suoi stessi problemi ma che ha reagito. e il tuo libro potrebbe essere un passo in avanti. mi piacerebbe avere più dettagli. grazie.