“Mi chiamo Silvia Maini, sono una dei tanti disabili in carrozzina che abitano a Roma e che vorrebbero avere le stesse opportunità delle persone normali. Qualsiasi disabile con cui parlate vi potrà raccontare molti aneddoti sulla miopia delle persone che hanno incontrato nella loro vita. Solitamente sono soggetti normali, gestori di piccoli esercizi commerciali, a volte anche personale sanitario ma mai mi era successo con così tante istituzioni messe insieme (Coni, Fin, Comune di Roma, Regione Lazio, Provincia di Roma, Iusm, ecc. – Fonte www.roma09.it). Quest’anno a Roma si svolgeranno i Campionati mondiali di nuoto, una manifestazione importante ed imponente a cui mi sarebbe piaciuto assistere. Mi sono così messa alla ricerca dei biglietti per disabile più accompagno. Con mio immenso stupore non è stato difficile avere informazioni, una signorina al telefono mi ha detto di scrivere una e-mail specificando gli eventi a cui ero interessata e loro mi avrebbero risposto.
In realtà, una risposta non è mai arrivata così, dopo circa cinque giorni, ho richiamato per avere notizie e mi è stato detto che non c’era più posto, ma che comunque mi avrebbero messo in una sorta di lista di attesa. Ho chiesto alla signorina quanti posti fossero riservati ai disabili e lei mi ha risposto: ‘a seconda delle piscine tra i 10 e i 20′. Secondo gli organizzatori sono previste circa 400mila persone in 17 giorni, e di questi solo 400 saranno disabili (0,01%). Sono rimasta allibita. Basta fare una piccola ricerca su internet per scoprire che solo nella città di Roma i soggetti ritenuti “fragili” sono circa 50mila (fonte www.comune.roma.it) e che 10, 20 posti ricoprono meno dello 0,025% dei disabili romani. A pensar male, sembra quasi che si sia organizzato tutto per bene non dimenticandosi nemmeno dei disabili ma garantendogli il minimo indispensabile. Tutte le istituzioni coinvolte probabilmente alla fine riceveranno anche qualche meritato elogio sulla civiltà dimostrata nell’aver destinato addirittura dieci posti per dei disabili. E sicuramente nessuno si metterà a fare i conti con la calcolatrice per dimostrare che in fondo in certe manifestazioni i disabili recitano il ruolo del minimo indispensabile. Qualcuno si sarà detto. “E i disabili? Dove li mettiamo? E no, perché un pochino ce ne vuole sempre!”. “Hai ragione, poi danno sempre un’immagine di solidarietà e di organizzazione che non guasta mai. Vabbè, va, limitati all’indispensabile, perché poi questi, se ci va bene, pagano poco e se pagano quel minimo, occupano un sacco di spazio e creano molti problemi. Senti, sono indispensabili, per cui accontentali e dagli un cantuccio ma non esagerare”. Sicuramente non è andata così, sicuramente si è cercato di fare il massimo, come sempre. Il massimo per garantire il minimo. Io sono solo una dignitosa rappresentante di quel minimo indispensabile a cui sono orgogliosa di appartenere. Ed è da questa dignitosa rappresentante che arrivano i primi elogi, ancor prima che la manifestazione inizi, per aver dimostrato che lo sport è per tutti e per qualcuno è addirittura garantito, il minimo sì, ma garantito. Era indispensabile farlo.
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