Una ricerca dell’IRCCS “E. Medea” ha valutato l’effetto congiunto degli stili di attaccamento e di alcuni geni sulla risposta psicofisiologica allo stress.
I ricercatori dell’IRCCS “E. Medea” – La Nostra Famiglia hanno dimostrato che una buona relazione mamma-bambino favorisce una migliore gestione dello stress, anche in bambini che, dal punto di vista genetico, sono maggiormente predisposti a mostrare una iperattivazione dei sistemi biologici implicati nella risposta a stimoli stressanti. Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista scientifica “The Journal of Child Psychology and Psychiatry” ed è frutto della collaborazione tra l’Istituto Scientifico lecchese, l’University College of London e l’University of Reading. Gli studiosi del Medea, per la prima volta, hanno preso in esame l’azione congiunta di alcuni geni e della relazione di attaccamento sulla risposta psicofisiologica allo stress in un campione di oltre 100 bambini tra i 12 ed i 18 mesi.
Nello specifico, hanno investigato se i livelli di due importanti indicatori biologici di stress (cortisolo ed alpha amylase), misurabili facilmente e in maniera non invasiva attraverso la saliva, potessero variare nel bambino in seguito a brevi momenti di separazione dalla madre e se tali variazioni fossero associate a particolari geni legati allo stress, agli stili di attaccamento o ad entrambi i fattori. La ricerca ha preso in esame l’attaccamento del bambino alla madre che si manifesta attraverso la ricerca o il mantenimento di una prossimità nei confronti del caregiver ogniqualvolta il bambino è in una situazione di difficoltà e si attenua quando riceve conforto e protezione. Il tipo di attaccamento, sicuro ed insicuro, rivela l’utilizzo di un uso efficiente nel primo caso e meno efficiente nel secondo caso del genitore come fonte di conforto in situazioni di stress. La valutazione dei patterns di attaccamento è stata effettuata attraverso la Strange Situation, una procedura standardizzata di osservazione del comportamento del bambino durante momenti di separazione e riunione con il caregiver. L’indagine genetica si è focalizzata su 3 geni coinvolti nella risposta fisiologica allo stress: il gene trasportatore della serotonina (5-HTT), il gene COMT che codifica l’enzima implicato nel metabolismo delle catecolamine ed il gene GABRA6 analizzato per il ruolo giocato dal neurotrasmettitore GABA nell’inibire i sistemi di risposta allo stress .
Risultati
I dati raccolti indicano che la sicurezza dell’attaccamento, in interazione con due (5-HTT e GABRA 6) dei tre geni investigati, è associata a differenze individuali nei livelli di alpha amylase salivare mentre non sono emersi effetti significativi legati al tipo di attaccamento, ai geni e alla interazione tra questi due fattori sui livelli di cortisolo salivare. Più precisamente, è emerso che i bambini con un attaccamento insicuro e portatori di una o due coppie dell’allele short del gene 5-HTT mostravano un maggiore incremento nei livelli di alpha amylase a seguito dello stress legato alla separazione dalla madre rispetto ai bambini con lo stesso genotipo ma con un attaccamento di tipo sicuro; parimenti, i bambini con un attaccamento insicuro ed omozigoti per l’allele C del gene GABRA6 mostravano un aumento dei livelli di alpha amylase a seguito dello stressor rispetto ai bambini con lo stesso genotipo ma che avevano stabilito un attaccamento di tipo sicuro. Il mancato effetto dell’attaccamento in interazione con i geni investigati sulla risposta del cortisolo allo stress può invece avere diverse spiegazioni, come la presenza di una soglia più alta di reattività dell’asse ipotalamo ipofisi surrene (di cui il cortisolo è un marker) rispetto al sistema nervoso simpatico (di cui l’alpha amylase è un marker), la presenza di variazioni diurne del cortisolo nell’infanzia e l’ampiezza del campione.
Conclusioni
Tra i bambini che sono più predisposti dal punto di vista genetico allo stress, quelli che hanno stabilito una relazione di attaccamento sicuro con la madre e che pertanto sanno di poter contare sulla sua disponibilità in caso di bisogno sono maggiormente capaci di regolare la loro risposta emotiva e non mostrano una iper-reattività dal punto di vista psicofisiologico.
“Questi risultati possono avere significative implicazioni cliniche, considerato l’impatto che lo stress esercita sulla salute sia fisica sia mentale dell’individuo” – afferma Alessandra Frigerio, responsabile dello studio – Pertanto abbiamo deciso di ri-testare, in un progetto di ricerca corrente ministeriale attualmente in corso, lo stesso campione di bambini per comprendere maggiormente l’impatto che le prime esperienze relazionali esercitano sul funzionamento psicofisiologico del bambino. Vogliamo cioè capire se una buona qualità della relazione madre-bambino possa continuare a rappresentare, anche a distanza di tempo, un fattore protettivo capace di difendere chi possiede una predisposizione genetica avversa“.
Massimo Molteni, responsabile della linea di ricerca in psicopatologia del Medea, propone una duplice lettura dei risultati: “Se da un lato è possibile affermare che la presenza di buoni geni conferisce resilienza nei bambini che hanno sperimentato una qualità delle cure materne non ottimale, dall’altro è altrettanto possibile ipotizzare che una relazione di attaccamento sicuro può costituire resilienza nei bambini che hanno cattivi geni.” Sebbene queste due interpretazioni non siano mutualmente esclusive e sono necessarie ulteriori evidenze empiriche per identificare e comprendere i processi implicati in questo tipo di interazione gene-ambiente”, questi risultati ci incoraggiano ad avere “speranza”: è possibile evitare l’ineluttabilità delle conseguenze negative legate a particolari fattori biologici, se operiamo per sostenere le capacità genitoriali, in particolare della madre: che piaccia o no il benessere passa sempre dalla “famiglia“.
Per maggiori informazioni
Cristina Trombetti – Ufficio Stampa IRCCS “E. Medea”- Ass. La Nostra Famiglia
Tel./fax 031 877384 – cell. 339 2160292 Sito Web : www.emedea.it