A Roma presentato il libro “Invisibile agli Occhi” che narra l’esperienze di un cieco tra i boschi

LibriPiù che la presentazione di un libro, una sorprendente esperienza sensoriale. L’incontro organizzato dalla Fondazione Basso – sezione internazionale, con l’associazione Il Trillo per presentare “Invisibile agli occhi”, il libro-intervista a Wolfgang Fasser scritto con il giornalista Massimo Orlandi – si è rivelato un vero e proprio viaggio nelle dimensioni di ciò che non si vede con gli occhi. Un assaggio del libro, che racconta l’intensa vita di Fasser, non vedente dall’età di 20 anni, tra gli immensi ostacoli e le straordinarie opportunità che la sua disabilità gli ha portato.

Incantando il pubblico con una voce profonda e serena, Fasser ha parlato della sua adolescenza, gravata da un sipario che è sceso lentamente, fino a concludersi nella cecità completa: “Prima c’era sempre una grande incertezza, ma dal giorno in cui non ho visto più, finalmente è diventato tutto chiaro. Non vedevo, semplice e dritto”. Rispondendo alla domanda su cosa possa averlo aiutato, e possa aiutare altri, ad accettare la cecità, Fasser ha sottolineato l’importanza del “tempo relazionale”, “lo stare accanto nel momento dell’esplorazione del limite” da parte dei genitori. Fasser ha poi raccontato i diversi tentativi di trovare un’occupazione compatibile con la cecità che lo aveva raggiunto appena dopo la fine degli studi. “Ho tentato di diventare giardiniere ma – aggiunge con autoironia – quando il capo è tornato e ha visto tutte piante messe storte ho capito che non andava”. Lo stesso quando ha tentato di fare il panettiere “ma non riuscivo a scrivere tanti auguri sulla torta….” A 30 anni Fasser era un fisioterapista di successo, con un importante incarico in Svizzera.

Ma sentendosi ancora, profondamente insoddisfatto, decise di fare il salto, di andare come volontario in Africa. Qui trova la propria dimensione: “In quella terra, la vita rurale, la semplicità, il contatto con la natura mi fecero sentire a casa”. L’Africa di Fasser è efficacemente condensata nelle sue “cartoline musicali”: emozionanti registrazioni delle voci dei bambini che tornano dalla scuola, dei canti degli uomini che costruiscono una casa, delle flebili parole dei pazienti malati di tubercolosi. In questo continente si sviluppò l’amore di Fasser per i suoni della natura, anche grazie ad uno sciamano del Lesotho che con lui condivise “la sua profonda conoscenza della terra, delle piante, dei corsi d’acqua”. Tornato in Europa dopo anni, oggi Fasser vive in un casale della campagna toscana, dove, tra le altre attività, guida escursioni notturne nei boschi per ascoltare le voci e gli odori, e per essere vicino a chiunque voglia mettersi in ascolto di se stesso. Nella sala affollata partono allora le cartoline del bosco cosentino: “Questo è un picchio, questo è un Bambi, anche se a chi non sa può sembrare un uccello…”, indica Fasser, come in un’escursione. La presentazione si conclude con alcuni pezzi di musica Klezmer, la musica degli ebrei in esilio, suonati dal gruppo di cui il fisioterapista-musicoterapista suona, e con le sue parole sul libro: “Mi ha aiutato a capire meglio da dove vengo, e dove sto andando”.

FONTE:

SuperAbile.it

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