Anffas: “In Italia impossibile programmare azioni per i bambini disabili”

AnfasSiciliaNon esiste in Italia alcuna raccolta dati sulla situazione dei bambini con disabilità fra zero e cinque anni, il che rende di fatto impossibile una seria programmazione sulle azioni da compiere. A ricordare la situazione particolare dei bambini con disabilità nel giorno in cui si celebra il ventennale della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia è l’Anffas, l’associazione nazionale delle famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale. L’Anffas, una delle 86 associazioni che compongono il Gruppo CRC (Convention on the Rights of the Child) che ha fotografato lo stato di attuazione della Convenzione nel Rapporto reso noto due giorni fa, ha curato in modo specifico il paragrafo dedicato a salute e disabilità, evidenziando le numerose criticità che riguardano i bambini e i ragazzi con disabilità del nostro paese. L’associazione afferma che i temi “ancora scoperti”, per i quali cioè non sono stati trovate soluzioni adeguate, sono assai numerosi: oltre all’assenza di una raccolta dati sull’età 0-5, “non esistono dati certi sulle diagnosi e soprattutto sugli strumenti utilizzati nel sistema sanitario per la loro definizione nonostante i progressi fatti in questo campo a livello internazionale”.

“Si pensi – afferma Anffas – che ancor oggi in molte regioni (anche del nord) l’attività del servizio di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, fondamentale per esempio per la diagnosi e la definizione del progetto abitativo, è scarsamente investita dal Servizio sanitario nazionale di risorse umane ed economiche”. Il presidente Roberto Speziale ricorda anche che “non esiste un progetto obiettivo sulla disabilità in età evolutiva e soprattutto, al riguardo, non si vedono segnali di cambiamento”. Altro tema caldo è quello del diritto alla “presa in carico”, che per l’Anffas è stato “ben compreso nella sua portata tecnica e politica dai vari interlocutori istituzionali ma non ancora regolamentato nonostante le forti pressioni che su questo capitolo arriva dal mondo associativo”. In sostanza, dice Speziale, “chi fa che cosa, nel processo di presa in carico in età evolutiva, è ancora tutto da stabilire”.

 E “non abbiamo dati sull’impatto sociale che la condizione di disabilità comporta per esempio in termini di povertà economica della famiglia”. Più in generale, secondo l’associazione “è fuori discussione come i progressi in campo scientifico, clinico e tecnologico abbiano consentito un miglior inquadramento della disabilità e un suo miglior decorso durante l’età evolutiva e della vita in generale”. In questo senso, “la legge 104 ha fatto molto per migliorare la condizione dei minori con disabilità, ma oggi è superata nei contenuti e deve necessariamente lasciare spazio ai nuovi paradigmi culturali della disabilità, che spostano l’attenzione dall’handicap e dalla patologia mettendo invece al centro prima di tutto la persona come soggetto di diritti umani e civili e considerando, quindi, la disabilità come una situazione di salute in un contesto sfavorevole”.

Per Speziale “all’impoverimento economico si accompagna un impoverimento sociale, frutto di barriere ed ostacoli posti all’accesso ai diritti, che fanno cornice a trattamenti discriminatori in numerosi campi della vita quali la scuola, le attività ricreative e sportive, l’accesso all’informazione che nullificano l’esigibilità di questi diritti fondamentali, costituzionalmente sanciti”. Questi temi saranno approfonditi durante la “Prima conferenza regionale sulle politiche a favore dei bambini e degli adolescenti con disabilità” che si terrà a Milano nel febbraio 2010: organizzato da Anffas Lombardia e Ledha, l’appuntamento è pensato come una prima occasione per avviare un percorso di conoscenza e di verifica dei comportamenti che su questa materia vengono attuati nelle varie regioni, a partire dall’istituzione del Garante Regionale per l’infanzia e l’adolescenza.

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