Cuvato, un portatore di handicap, dichiara che le barriere architettoniche rendono ancora più complicato una situazione già difficile da affrontare, che va dal prendere un caffè in un bar del centro all’acquisto di un paio di occhiali. Nell’era della globalizzazione; nel ventunesimo secolo, a quarantanni dal primo passo dell’uomo sulla luna; in un’epoca in cui si parla tanto del diritto dell’embrione alla vita c’è chi vive in una condizione di dignità umana calpestata, non solo dall’avversità di una natura “matrigna” ma anche dalle “dimenticanze” di amministratori distratti o cittadini indifferenti di fronte alle regole del vivere civile. Sono trascorsi 34 anni dalla promulgazione della prima norma che prevedeva l’abbattimento delle barriere architettoniche ed a Gela si combatte ancora una guerra infinita. Le lunghe scalinate delle chiese medievali possono essere la scenografia perfetta per una sposa in bianco, ma rappresentano un ostacolo insormontabile per un disabile credente; un ascensore bloccato può essere un incentivo all’attività fisica per un obeso, ma è un deterrente per un cittadino portatore di handicap che deve raggiungere anche il primo piano di un ufficio pubblico. E la situazione che si registra a Gela è proprio questa: molto si è fatto per abbattere le barriere di una città costruita per il cittadino in salute perfetta, ma quanto si deve ancora fare per creare le condizioni del vivere sereno per chi è meno fortunato…! E pensare che la prima legge che pone le basi per una vera rivoluzione copernicana in fatto di architettura, su edifici pubblici e privati, adeguata alle esigenze dei disabili è la 118/71. Il decreto attuativo è stato emanato nel 1984; e sono passati tredici anni; per poi approdare alle legge 13 del 1989 che predeva ulteriori aggiornamenti. L’attenzione del legislatore è rimasta pressochè lettera morta a Gela come nella maggior parte del Paese se si considera che anche una semplice cabina telefonica della vecchia Sip non era certo a misura di disabile. E mentre si infiamma il dibattito politico sulle costruzioni pubbliche, i privati continuano a costruire edifici “proibiti” per un portatore di handicap. Bisogna arrivare alla legge quadro 104/92 per potere avere un reale strumento legislativo in grado di regolamentare i criteri di costruzione degli edifici pubblici ed aperti al pubblico (come bar, ristoranti ecc.) e privati sulla scorta delle esigenze dei disabili. A Gela solo da una decina di anni per le nuove costruzioni e da qualche anno per l’adeguamento alla struttura generale della città ci si pone il problema di creare le condizioni perché il portatore di handicap possa muoversi autonomamente.
Ma andiamo per ordine: il Palazzo di città si sviluppa su quattro piani dove sono dislocati uffici e servizi. Nell’androne centrale un imponente scalone fa bella vista di sé: certo sul lato sinistro dell’ingresso esiste un vecchio ascensore delle dimensioni adeguate ad accogliere una carrozzina, ma non sempre funziona alla perfezione e se va in tilt, il cittadino disabile ha un bel da fare se si considera che sul lato Sud c’è un altro ingresso con gradini e senza pedana. Quattro anni or sono è stato montato un montascale sul primo piano per permettere al disabile di raggiungere l’ingresso dell’ascensore del primo piano che porta ai piani superiori ma non funziona da oltre tre anni e non è mai stato riparato. Resta la struttura rigorosamente chiusa! Il settore allo sviluppo economico si trova al terzo piano di una sede staccata sita in via Parioli: l’ascensore è fermo da anni. «Abbiamo presentato la richiesta per la manutenzione dell’ascensore – ha detto l’assessore Bartolo Rizzo – sin da quando la ripartizione si è trasferita in questa sede, ed attendiamo ancora». Stessa situazione per le ripartizioni del Comune all’ecologia ed allo sport, turismo e spettacolo di via Pozzillo. Situazione off-limits per il cimitero monumentale di Largo San Biagio dove la vecchia struttura ottocentesca non è stata adeguata alla normativa vigente. Uno dei problemi spiccioli è quello dei parcheggi riservati che dovrebbero costituire una barriera per i normodotati, barriera che viene scavalcata con grande facilità. E ancora le chiese storiche come la chiesa San Francesco, la chiesa del Rosario, la chiesa del Carmine (chiusa da cinque anni per restauro), sono “vietate” ai disabili perché si sviluppano su una base che supera il livello della strada ma non hanno possibilità di accesso attraverso pedane esterne. La chiesa Madre ha risolto il problema con una pedana in ferro. Il vicario foraneo Grazio Alabiso ha spiegato che ha le mani legate fino a quando la soprintendenza non autorizza un intervento ad hoc. Il Museo archeologico solo nel dicembre scorso si è attrezzato con un montascale per rendere fruibile ai disabili in primo piano: l’inaugurazione in occasione della Giornata dedicata al disabile in cui l’assessore regionale Alessandro Pagano ha sottolineato: «Aprire i Musei ed i Palazzi ai disabili è un dovere di grande senso civico».
Ma a Gela è difficile non solo accedere nei palazzi ma camminare a piedi, in macchina ed in carrozzina se si considera che il fondo stradale della maggior parte della città: il sindaco Rosario Crocetta ha assicurato che nei prossimi giorni darà il via a provvedimenti complessivi per migliorare le condizioni oggettive per cittadini normodotati e disabili.
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