Il pulmino che doveva portare i disabili di quattro paesi del distretto ASL VT 5 al centro socio – riabilitativo di Gallese non può più passare a causa dello scioglimento della società che lo gestiva, così i giovani che usufruivano di questo importante servizio sono rimasti a piedi. E’ questa la denuncia fatta da Franca Maria Pace, sorella e tutrice legale di Giuseppe, un ragazzo di Vasanello che frequentava il centro H, che dallo scorso 25 agosto è stata invitata ad organizzarsi privatamente per portare il fratello nella struttura. “Ogni Asl ha un numero determinato di centri socio – riabilitativi che vengono gestiti in base alle richieste del territorio e secondo un piano di zona stipulato ogni tre anni – spiega Franca Maria -. In questo periodo era la struttura di Gallese a doversi occupare dei giovani dei comuni di Vasanello, Corchiano, Fabrica di Roma e Vignanello, paesi in cui la Società Sportiva aveva messo a disposizione un pulmino, guidato da un volontario, che accompagnava i ragazzi al centro. Purtroppo la società si è sciolta e c’è stato detto di provvedere autonomamente”.
“Già in passato mio fratello era stato accompagnato da un genitore di un altro ragazzo che portava il figlio, perché lavorando non ne avevo modo – continua -. Quella che era una soluzione provvisoria, però, è diventata una regola fissa. Racconto questa cosa non per colpevolizzare il comune di Gallese del trasporto (il fatto che se ne sia occupato fino ad oggi è da apprezzare), ma voglio evidenziare che non è compito di un familiare di un utente capire dove si è bloccata la catena del processo organizzativo, farlo presente e invitare il comune a risolvere la vicenda. Il monitoraggio completo della situazione deve essere affidata a un supervisore istituzionale che di sicuro non è né l’utente o la sua famiglia, né la società di assistenza”. “Il problema trasporto si ripete ogni anno, e ogni anno noi familiari siamo disperati. Ora Gallese o no, mio fratello ha esigenze socio riabilitative, altrimenti si chiude in se stesso ed entra in crisi. Tutti i giorni si affaccia alla finestra per capire se qualcuno lo verrà a prendere per fare una passeggiata o lo porterà in un centro con gli amichetti. Credo che questo avvenga anche per gli altri utenti. Loro non sono bambolette che mandiamo avanti o indietro come un soprammobile a seconda che si intoni o meno all’arredamento”. “Quello che vorrei – conclude – è una soluzione logistica che presupponga l’esistenza di un centro che sia raggiungibile con mezzi messi a disposizione dalle istituzioni ed attività socio riabilitative adeguate. A noi familiari serve una soluzione per quello che voi chiamate utente, ma che per noi è un nostro congiunto. Mi piacerebbe che ognuno riflettesse su questo punto, considerando l’utente come un proprio parente”.
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