Sventura di un ragazzo: il conducente dell‘881 non può ad aprire lo scivolo per far salire il giovane disabile sul bus. Pessima figuraccia per Tpl che il’1 luglio presentò 80 nuovi bus attrezzati.
Tutto ciò è accaduto a Roma nella Capitale. Il disabile non può salire sull’autobus? La colpa è della legge di Murphy. Mohamed, il ragazzo disabile, il 15 luglio ha aspettato venticinque minuti l’881 al capolinea di via Paola, a pochi metri da Castel Sant’Angelo.
Mohamed, colpito da disabilità motoria, doveva accedere con la sua carrozzina sul mezzo pubblico, ma la pedana manuale dell’autobus di Roma TPL era interrotta. Mancava una semplice chiave. «La legge di Murphy ha voluto che non stesse al suo posto, ma nel portadocumenti» ha poi spiegato l’ingegner Marino Mazzon, Responsabile Tecnologie dell’Azienda, che è molto amareggiato ed ha fatto le scuse, sue e di Tpl, al passeggero disabile. Nel frattempo, però, la chiave sparita ha bloccato alla banchina il ragazzo egiziano e fermato tutti i passeggeri nel bus.
Dopo una ventina minuta di attesa prima che giungesse un autobus munito di un’altra chiave – con un caldo sempre più afoso -, poi un altro problema. «Appena mi dicono come funziona e mi autorizzano vediamo di risolvere il problema»: in conclusione fornito della chiave l’autista, non conoscendo come adoperare, prende contatto con la centrale operativa per essere informato sulla procedura. «Non serve mica un decalogo, basta girare», suggeriva il disabile. «Ve la dovete prendere con l’Azienda e con il Comune. Non con me, io guido. Se non mi autorizzano, non apro la pedana», tagliava corto il conducente. «Io non c’è l’ho con te – gli rispondeva il ragazzo in carrozzina – però questa targhetta (per l’accesso dei disabili) è una presa per il c…».
Quel 15 luglio, sebbene tutto sta andato storto, Mohamed è alla fine riuscito salire. La chiave, non si trovava al suo posto, mentre invece doveva essere li. L’autista era obbligato a conoscerne l’uso ma lo non conosceva. L’autorizzazione non serviva a nessuno, ma ed è stata richiesta comunque. « Ci mancherebbe se per ogni disabile fosse necessaria un’autorizzazione – spiega Mazzon –. Certamente l’azienda non ha detto agli autisti di chiederla. Anche perché la procedura per far salire a bordo un portatore di handicap rientra nelle loro mansioni ».
Tralasciando la legge di Murphy, comunque, la responsabilità del «disguido» andrebbe individuata. « Non è colpa del nostro dipendente – si difende Mazzon –. Il conducente, quando si è visto ripreso, si è sentito in soggezione e ha cercato una copertura aziendale dalla centrale operativa. Il suo comportamento non è stato scorretto, bensì difensivo e forse eccessivamente cauto ».
Dopo la vicenda del 15 luglio a via Paola, Roma Tpl ha afferrato che una decisione saggia: «Da subito abbiamo sbloccato tutte le pedane sui nuovi autobus», rivela l’ingegner Mazzon. Che promette: «Non accadranno più inconvenienti simili». Resta la mostruosa figura per la società che aveva fatto del sistema manuale per l’accessibilità ai disabili un fiore all’occhiello dei nuovi 80 bus in giro dal primo luglio. «Mohamed ci scusi – conclude Mazzon – faremo in modo che non accada più». Legge di Murphy permettendo.