Nell’ambito dell’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della disciplina in materia di diritto al lavoro delle persone disabili, sono intervenuti per l’ANMIL il Vicepresidente nazionale Zoello Forni ed il Direttore generale Sandro Giovannelli.
Nel corso dell’audizione, Forni, ha ricordato che in tutti i Paesi d’Europa le normative per la tutela sociale delle persone portatrici di handicap si confondono con norme assistenziali generali, con quelle sul diritto all’integrazione lavorativa e con le disposizioni sulle ricompense e le benemerenze in favore dei soggetti più meritevoli, dando luogo a volte ad un solo tema legislativo, che invece ha al proprio interno diverse distinzioni.
Secondo Forni, il tema del lavoro meriterebbe una sua specificità, proprio perché, in paesi come l’Italia, esso è centrale nell’ordinamento costituzionale.
Per questo, da anni, l’ANMIL ha più volte chiesto maggiori risorse ed interventi più mirati per consentire l’attuazione della legge 68, che va attuata e non sacrificata sull’altare della competitività.
Non si può essere soddisfatti, infatti, di un meccanismo che lascia disoccupati il 95,79% degli iscritti al collocamento obbligatorio.
Il Vicepresidente dell’ANMIL ha poi denunciato “il mancato coinvolgimento delle Regioni e dei servizi per l’impiego in una corretta attuazione della normativa.
Senza l’intervento del capitale pubblico, l’integrazione lavorativa dei soggetti disabili diventa una chimera e rientra nella logica errata della mera assistenza, senza che nemmeno si tenti di valorizzazione le residue capacità lavorative delle persone disabili”.
Il Direttore generale Giovannelli ha, inoltre, affermato che la legge n. 68 dovrebbe attuare il collocamento mirato, attraverso procedure ed incentivi snelli ed efficienti, che non creino in alcun modo pesi alle imprese.
Per far ciò sarebbe necessario un aumento delle risorse economiche adeguato alle necessità ed una migliore preparazione professionale del personale, a volte inesperto nella mediazione lavorativa, incapace di attuare buone pratiche e progetti innovativi.
Anche tra gli imprenditori permane un ritardo culturale su questo tema: non si tratta di un dovere di solidarietà verso i disabili, ma di risorse inespresse che potrebbero essere utilizzate in modo produttivo.
Secondo Giovannelli, la strada più giusta da seguire è quella di un’analisi obiettiva della possibilità di successo dell’integrazione, favorendo quei casi che possono essere portati o riportati sul lavoro in modo più rapido ed economico: in secondo luogo l’intervento dello Stato deve fornire i mezzi per la formazione ed il collocamento mirato dei soggetti con difficoltà più gravi e persistenti.
Se gli incentivi saranno meglio presentati e fatti conoscere alle aziende, allora il diritto al lavoro dei disabili diventerà un dato di fatto, valutabile in base all’efficacia di progetti di inserimento in grado di superare le difficoltà e di ripristinare la capacità lavorativa.
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Salve a tutti anche io sono disabile e quanto mi risulta, da una parte è vero che i disabili non riescono a trovare un lavoro, ma è anche vero che non anno molta voglia di lavorare in quanto se ne approfittano con i permessi ad esempio: per fare attività sportiva agonistica durante l’orario lavorativo. Secondo me bisognerebbe puntare sull’artigianato ( ovviamente per chi lo può fare ), io comunque per tredicianni ho fatto il lucidatore di mobili antichi e vi assicuro che meglio artigiani, che lavorare in qualche squallido call center.