Il Disegno di Legge nr. 1442/2014, “Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità”, affronta, con la serietà e la giusta sensibilità di uno Stato attento e impegnato sul fronte dell’uguaglianza di diritti per ogni suo cittadino, il delicato tema del rapporto fra disabilità e sessualità, in un Paese, l’Italia, in cui vivono circa 13 milioni di persone disabili, con limitazioni più o meno gravi, per invalidità o patologie croniche. Un numero senza dubbio importante, tale da provocare la considerazione su tutti gli aspetti della vita di un disabile, compreso quindi il suo rapporto con il sesso, un vero e proprio tabù ancora oggi.
La salute in primis, ma sicuramente anche l’istruzione, così come i beni primari, l’arte, il buon cibo, e molto altro, possono, anzi devono, essere considerati diritti di tutti: fra questi, dovrebbe essere inclusa anche la sfera sessuale, che rappresenta indubbiamente un altro dei bisogni di ogni persona, e per questo non dovrebbe essere mai negato. Ne ebbe palese coscienza persino Papa Giovanni Paolo II il quale, nel 2004, focalizzò la problematica con il seguente commento: “Il mondo dei diritti non può essere appannaggio dei sani. Particolare attenzione va riservata alla cura delle dimensioni affettive e sessuali della persona handicappata”.
Ed in effetti, la sessualità fa parte della vita quotidiana di ogni essere umano, è normale, è bella e piacevole. Tutto vero: peccato, però, che, almeno nel nostro Paese, tale valutazione riguardi soltanto le persone definite “normodotate”, mentre non viene presa in considerazione per chi, per esempio, è in carrozzina, o comunque presenta disabilità fisiche o mentali. Perché creare questa condizione di ulteriore svantaggio, negando un diritto che dovrebbe essere universale e che invece, le rare volte in cui si affronta, viene stravolto in uno “scandalo” o, nella migliore delle ipotesi, in un “problema”? Come se perdere l’uso degli arti o soffrire della sindrome di Down volesse automaticamente dire di non possedere desideri o istinti, emozioni e pulsioni.
Purtroppo, quello stesso DDL è fermo in parlamento da 4 anni: il disegno ha previsto, nella sua stesura, l’istituzione di una vera e propria figura professionale, in un certo senso un “lovegiver”, al fine di favorire il totale sviluppo della persona disabile anche sotto il profilo dell’espressione della sessualità, come peraltro già esiste in alcune Nazioni Europee, come in Austria, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Svizzera. Questo assistente, dopo un ampio e completo percorso di formazione di tipo psicologico, medico e, ovviamente, sessuologico, sarebbe in grado di aiutare i disabili a vivere le proprie esperienze a 360°.
In attesa che la Legge venga approvata, lo scorso settembre 2017, a Bologna, è stato istituito un Comitato per la promozione dell’assistenza sessuale in Italia (www.lovegiver.it) il cui responsabile è Max Ulivieri, un web designer di 47 anni, già da tempo impegnato, in quanto lui stesso su carrozzella, in molte attività a sostegno dei disabili. Lovegiver si occupa di tematiche legate all’affettività e la sessualità nella disabilità e, nel suo contesto, organizza anche corsi proprio per la formazione dell’assistente sessuale, al fine di permettere a questi cittadini di scoprire il proprio corpo come fonte di piacere, attraverso il contatto, il bacio, il massaggio, l’abbraccio.
Il Comitato, a oggi, sfida la Legge Italiana che ha arenato il progetto ma il suo promotore è convinto che prima o poi vedrà riconosciuta l’importanza dell’argomento e della figura dell’assistente così come è stato concepito: al momento, il corso, svolto solo a Bologna, ha visto la partecipazione di 17 persone, con lezioni tenute da professionisti come il Presidente dell’Istituto italiano di sessuologia scientifica Fabrizio Quattrini, o come Judith Aregger, già assistente sessuale in Svizzera. Molte famiglie di disabili hanno manifestato non solo interesse ma soddisfatta partecipazione per tale iniziativa, identificandola in una soluzione per contenere atteggiamenti particolarmente aggressivi o al contrario, depressi, dei propri congiunti, per lo più giovani disabili, probabilmente indotti ad una costrizione e privazione della propria vita sessuale.
L’argomento è sicuramente delicato, quasi scottante, al punto che le idee entusiastiche si alternano spesso alle critiche: in ogni caso, questi 17 aspiranti “assistenti sessuali” a breve inizieranno il tirocinio e, tramite un numero verde, sarà possibile entrare in contatto con l’associazione che provvederà anche a realizzare delle “stanze polisensoriali” dove le persone disabili potranno incontrarli ed incontrarsi, per un primo incontro ravvicinato con l’assistenza alla sessualità. Senza dubbio la scossa che si attende è quella politica, per smuovere la legge e permettere a questi aspiranti assistenti di svolgere in maniera legale la loro attività, che si vorrebbe diventasse una vera professione, a servizio della sfera emotiva, e sessuale in particolare, degli amici disabili.