Nell’Iraq degli attentati quotidiani, dell’occupazione e dei conflitti religiosi, dieci atleti disabili, quattro dei quali donne, sfidano i loro handicap combattendo col fioretto alla mano.
E’ la squadra di scherma su sedia a rotelle irachena, una realtà nata sotto il regime di Saddam, che sopravvive ancora oggi, in un contesto sempre più complicato, grazie a pochi aiuti e alla passione per lo sport.
La maggior parte di loro ha subito amputazioni agli arti inferiori in seguito ferite da esplosioni o armi da fuoco durante la guerra Iran-Iraq, gli altri sono stati vittime di una forma di paralisi infantile.
Sei di loro avrebbero voluto iscriversi ai campionati del mondo, che sono iniziati il 24 novembre a Parigi, ma questa volta non ce l’hanno fatta perché sono in ritardo con i pagamenti, e quindi non si sono potuti iscrivere.
La trasferta parigina sarebbe costata circa otto mila dollari, ma nonostante gli appelli apparsi sui quotidiani iracheni e in rete, non sono arrivati aiuti concreti da parte di associazioni o federazioni sportive internazionali.
Anche le questioni burocratiche, come i visti, i documenti, e la preparazione del viaggio sono piuttosto complicate.
Gli atleti della squadra olimpica di scherma su sedia a rotelle vivono tutti a Baghdad o nelle immediate vicinanze.
Si allenano presso un circolo per disabili, nel quartiere di Yarmouk della capitale.
Il circolo non ha grandi possibilità economiche, perciò debbono accontentarsi di una piccola sala, piuttosto modesta, al suo interno. Per il momento la squadra gode soltanto del sostegno formale della federazione olimpica irachena e di quello, più tangibile, di un’associazione benefica locale, Akhawiyat al-mahabba, che aiuta fornendo generi alimentari agli atleti.
Oltre al proprio disagio, i nostri atleti affrontano ogni giorno le difficoltà alle quali è sottoposto tutto il popolo iracheno, le esplosioni e le uccisioni, la povertà e la paura.
Il problema più grosso sono gli spostamenti per gli allenamenti: dalle case al circolo e viceversa.
La squadra soffre soprattutto per le difficoltà materiali in Iraq, come le spese relative alle sedie a rotelle ed agli altri equipaggiamenti di cui può avere bisogno.
Quanto ai pregiudizi, non sono diversi da quelli che i disabili si trovano ad affrontare in ogni parte del mondo: la scarsa considerazione sociale e il senso di inutilità e frustrazione.
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