Bari: Coppia di disabili sfrattata.

Contrassegno DisabiliGiovanna e Giovanni Tempesta sono inchiodati su una carrozzella e il 5 aprile festeggeranno i loro 20 anni di matrimonio: lo faranno insieme con la loro figlioletta.
Lei, la piccolina di casa, compirà 7 anni il prossimo 21 aprile, proprio il giorno in cui il Tribunale di Bari ha fissato l’udienza per lo sfratto.
La lettera di sfratto è piombata una settimana fa a casa dei coniugi Giovanna e Giovanni Tempesta, di 43 e 44 anni, come un macigno gettato nel lago. «Sono 20 anni – racconta Giovanna – che lottiamo per avere la possibilità di vivere».
I coniugi Tempesta vivono da due anni in via Papa Giovanni XXIII, al piano rialzato di una palazzina.
Entrambi, pur essendo da tempo iscritti nelle liste protette dell’ufficio di collocamento, sono disoccupati. Vivono con la pensione di invalidità di 230 euro a testa e l’accompagnamento, «assolutamente indispensabile per poterci muovere».
Hanno dovuto a lungo lottare per avere la meglio sui sei scalini che impedivano di raggiungere l’abitazione: «Alla fine – racconta Giovanna – non è stato il Comune a darci il servo-scala, ce lo hanno regalato le Opere laiche».
Ma non è certo questa l’unica battaglia che hanno dovuto affrontare: Giovanna e Giovanni, entrambi disabili, si sono conosciuti, innamorati e da quel momento, insieme, combattono le “barriere” mentali e fisiche che si frappongono nella loro vita e, ovviamente, in quella della loro bambina.
«Nell’ ’87 – dice Giovanna – abbiamo presentato la nostra prima domanda per ottenere una casa popolare, ma con stupore abbiamo saputo di non essere stati ammessi nella graduatoria.
Nel 2001, con la pubblicazione dei nuovi bandi, abbiamo ripresentato la domanda e, nel settembre del 2005, abbiamo saputo che neanche questa volta eravamo in graduatoria, pur essendo entrambi disabili e avendo una bambina».
«In Puglia – continua l’amaro sfogo di Giovanna – siamo l’unica coppia in carrozzella sposata e con una figlia.
La nostra esclusione mi ha insospettita e, così, facendo alcune indagini per conto mio ho scoperto che su un campione di 150 persone, 40 risultavano morte prima della data di presentazione delle domande, nel 2001».
Giovanna, sulla scorta della sua scoperta, ampiamente documentata, ha presentato denuncia alla magistratura. Il giudice Monteleone che aveva redatto la graduatoria ha scritto al pm Scelsi che si occupa del caso dei coniugi Tempesta ammettendo l’errore, compiuto per il fatto di aver compilato la graduatoria del 2001 sulla base anche di domande presentate nell’ ’87, e ha assicurato che avrebbe modificato l’elenco.
«Ma questo – afferma Giovanna – non è regolare, perchè la legge prevede che le graduatorie si possono fare sulla base di una integrazione di domande pregresse ma di non oltre 4 anni e non, come in questo caso, di ben 14 anni».
A Giovanna è anche venuto il dubbio che anche la graduatoria dell’ ’87 fosse stata fatta sulla base di domande non regolari e ha chiesto al suo legale di ottenere gli elenchi di quella graduatoria ma la risposta scritta del Comune è stata sorprendente: «Il Comune – racconta Giovanna – afferma che non c’è stata graduatoria.
E allora da dove sono stati presi i nominativi che emergono nell’ultima graduatoria?».
Intanto, però, sopraggiunge un nuovo problema: l’anno scorso il Comune, che pagava l’80% del fitto di casa (516 euro), ha avvisato i coniugi di non essere più il soggetto titolare e ha passato tutto ai servizi sociali che pagano il 40% dell’affitto.
«Da quest’anno non ci arriva nulla e da due mesi – racconta Giovanna – non paghiamo l’affitto: di ciò ho avvisato tutti i soggetti preposti, ma non c’è stata risposta».
«Sono mesi – racconta ancora Giovanna – che chiedo di parlare con il sindaco ma il sindaco non ci vuole ricevere e la sua segretaria mi ha detto che «il sindaco non parla con i cittadini, che è lei la persona prepostà».
Della vicenda dei coniugi Tempesta si è occupata il ministro alle pari opportunità, Stefania Prestigiacomo, «che ha scritto al sindaco e all’assessore comunale – afferma Giovanna Tempesta – senza avere risposta».
«Una cosa è certa – conclude Giovanna – una soluzione per noi la devono trovare: siamo pronti, io e mio marito, ad andarci a incatenare al Comune».

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