Sanità: Liste d’attesa lunghissime anche per i disabili

260 giorni senza terapie
Ecco alcuni esempi. Facendo sempre fede al periodo agosto e settembre, i disabili dovevano attendere rispettivamente 237 e 260 giorni presso il servizio di riabilitazione di Chieri; 180 e 200 giorni a Moncalieri; 181 e 262 a Carmagnola.
L’ambulatorio dell’ospedale di Susa, invece, faceva registrare 100 giorni ad agosto e 150 a settembre; lo stesso tempo d’attesa segnalato all’ambulatorio di Alpignano. Collegno, Rivoli, Beinasco e Avigliana fanno registrare tempi che variano da uno a due mesi, fino a 70 giorni. Completamente diverso il discorso, invece, se ci si rivolge a istituti privati, dove la lista d’attesa è veramente minima.

Difficoltà a spostarsi
Molti disabili si trovano così a vivere un ulteriore disagio. Per chi non vuole aspettare tanto a lungo, l’unica soluzione è rivolgersi a strutture private, oppure a Torino. Ma non sempre gli spostamenti sono così semplici. Parecchi disabili, difatti, devono ricorrere ai servizi di assistenza – a pagamento – della Croce Rossa o delle altre associazioni che si occupano anche del trasporto dei pazienti che devono sottoporsi a terapie.

«Colpa della burocrazia»
Se un disabile è costretto ad attese eterne per beneficiare di un trattamento di recupero è in primis colpa della burocrazia dilagante nel comparto sanitario. Il presidente della Cpd, Paolo Osiride Ferrero, non ha dubbi.
«Perché è vero che in provincia molte strutture sono piccole e i posti troppo pochi – accusa Ferrero – ma è altrettanto vero che se la burocrazia fermasse il suo corso deleterio le attese diminuirebbero sensibilmente». Tanto che Ferrero non esita ad auspicare un “effetto Brunetta” anche per la sanità locale.
«Quello che noto – continua – è una diffusa tendenza a non prendersi le proprie responsabilità, specialmente a livello dirigenziale. Basterebbe che chi ha le leve del comando si concentrasse maggiormente sulle decisioni da prendere e le prendesse al meglio. Perché, non dimentichiamolo, un disabile costretto a fare decine di chilometri per ricevere delle cure deve affrontare un vero e proprio calvario. E questo è ingiusto».

Parla il medico
Un intervento riabilitativo eseguito nel lungo periodo di tempo può pregiudicare il recupero della funzione del corpo di un paziente.
Il professor Claudio Zignin docente della facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Torino spiega quali possono essere le conseguenze di tempi di attesa elevati, soprattutto per quelle patologie in cui lo stimolo ha una funzione davvero importante: «A livello neurologico più è tardiva la riabilitazione più le complicazioni diventano importanti – spiega -: le connessioni neurologiche, infatti, si svilirebbero se non venisse prontamente stimolata la funzione del neurone, una cellula che non si può rigenerare».
E il problema s’incontrerebbe anche quando il paziente non fa i conti con una malattia neurologica, ma al centro della cura c’è invece la funzione di una parte del suo corpo. «Se lo stimolo non viene sollecitato in tempi rapidi si incorrerebbe ad una amiotrofia, ad un danno all’osso o alla cartilagine.
E anche se non si tratta di una malattia neurologica – aggiunge Zignin – la perdita della funzione di una determinata parte del corpo può pregiudicare l’integrità neurologica del paziente. Ecco perché è necessario intervenire molto presto. La perdita dello stimolo diventerebbe un vero disastro».


FONTE:
Cronacaqui.it

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