E’ nata per i bambini autistici una nuova metodologia riabilitativa basata sui neuroni specchio

Riuscire a cogliere le emozioni dell’altro, anche solo dallo sguardo, è una capacità straordinaria dell’essere umano. Una capacità tutt’altro che scontata, soprattutto quando si ha a che fare con bambini autistici. Comprendere il significato di un gesto o un’espressione è per loro una difficoltà spesso insormontabile: quello che per tutti è un sorriso diventa facilmente una semplice smorfia. Emmanuelle Rossini, docente e ricercatrice del Dipartimento sanità della Supsi (Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana) ha elaborato una metodologia, denominata Sas Sviluppo ablità sciali) costruita sull’interazione dei bambini con pupazzi animati dal terapeuta. Alla luce dei positivi risultati ottenuti, è nato un progetto di ricerca volto a mostrarne la validità. Lo studio sarà condotto in stretta collaborazione Svizzera/Italia: oltre alla prof.ssa Evelyne Thommen dell’Università di Losanna, alla Fondazione Ares Autismo Ricerca e Sviluppo), al Dipartimento Socialità e Sanità del Canone Ticino e al Servizio di neuropediatria di Bellinzona, parteciperanno al progetto il centro La Nostra Famiglia di Como (in stretto collegamento con l’Irccs “E. Medea” di Bosisio Parini) e il dipartimento di psicologia dello Sviluppo dell’Università di Torino.

Il metodo trae le sue basi dalla teoria dei neuroni specchio del pof. Gallese, che spiega il meccanismo della simulazione incarnata e la nostra capacità di porci in relazione con gli altri. Quando osserviamo una persona provare una certa emozione si attivano, nel nostro cervello, gli stessi neuroni che entrano in gioco quando siamo noi a sentire quella stessa emozione. Probabilmente nei bambini con alcune forme di autismo (per es. Asperger) il circuito cerebrale costituito da questi neuroni risulta inceppato. Il campione dello studio sarà costituito da 36 bambini con autismo, 24 seguiti con il metodo SAS e 12 con i metodi tradizionali. A questi sarà affiancato un gruppo di confronto di 20 bambini senza autismo. I gradi d’autismo e il livello cognitivo saranno valutati usando i test più accreditati, senza tralasciare altre importanti valutazioni come quelle sulle abilità linguistiche; ciò permetterà, per esempio, di capire se le abilità di cognizione sociale acquisite si ripercuotono anche sul linguaggio, migliorandone l’utilizzo.

Il metodo SAS consiste in attività in piccoli gruppi, in contesti simili alla vita quotidiana. Grazie al gioco con le marionette, alle quali si può cambiare l’espressione del volto, i bambini hanno la possibilità di simulare situazioni molto diverse: semplici ma fondamentali accorgimenti che permettono loro di fermarsi e capire, per esempio, quale delle loro azioni abbia indotto una particolare emozione sul volto della marionetta. Grazie a queste esperienze, il bambino riesce a cogliere le analogie con la realtà e migliorare la sua capacità di comprensione, rendendosi col tempo sempre più indipendente dalla terapia. “Risultati positivi sono stati osservati – sostiene Emmanuelle Rossini – anche su bambini con autismo molto piccoli che non parlano o hanno deficit cognitivi importanti. C’è la speranza che anche questi bambini, grazie a un intervento più mirato a livello di cognizione sociale, riescano a integrarsi sempre di più”.

La grande differenza rispetto ad altri interventi è proprio quella d’aver posto l’attenzione sulla cognizione sociale, anziché sulle competenze sociali: “non basta insegnare a un bambino con autismo quale sia il comportamento più opportuno da tenere in certe situazioni, il vero obiettivo è aiutarlo a migliorare la sua consapevolezza, capire le sue emozioni, migliorare il livello di empatia con l’altro – spiega Antonio Salandi, direttore medico de La Nostra Famiglia di Como -. Il primo passo dello studio sarà capire fino a che punto, grazie a questa metodologia, i bambini migliorano la loro capacità d’interazione con l’altro, la comprensione delle proprie emozioni e quelle altrui, sviluppando anche un linguaggio che integri in modo coerente la dimensione emotiva e affettiva”. Le collaborazioni avviate aprono la strada a futuri progetti di ricerca, magari spostando l’attenzione su questioni di natura più fisiologica, legate proprio ai neuroni specchio e alla basi fisiologiche dell’empatia.

FONTE:

SuperAbile.it

Un pensiero su “E’ nata per i bambini autistici una nuova metodologia riabilitativa basata sui neuroni specchio

  1. Buongiorno!
    Bhè spero che questa ricerca scientifica possa essere d’aiuto per aiutare tanti bambini autistici………..e magari possa nascere una nuova terapia…………Credo sia molto interessante………………
    Una mamma C****

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