Roma: La Storia di Marco Collinetti Disabile ma Paraolimpico della Vela

immagineStoria di un ingegnere tecnico industriale di quarant’anni, milanese ma veneziano d’adozione, che ha il pallino della vela: Marco Collinetti. Una passione non comune: a lui è valsa nientemeno che la partecipazione alle Paralimpiadi di Pechino, molto più che semplici uscite amatoriali in mare. Un’esperienza, quella cinese, che porta dentro con la lucidità di chi si sente ancora in quello spazio di costa, a Quingdao. “Aveva tante correnti – racconta – vento alterno e strano”, tanto da essere arrivati solo dodicesimi su 14, “ma la grande soddisfazione è stata aver battuto le altre due nazioni esordienti, oltre a noi: Brasile e Austria, ed aver, ancor prima, centrato la qualificazione negli Stati Uniti a Rochester, ultimi ad ottenere il pass”. Di storie in barca a vela, Marco, potrebbe raccontarne tante, sia prima che dopo l’incidente in moto che l’ha portato sulla carrozzina. L’atleta infatti veleggia da sempre, anche da prima di questa nuova vita e di questo nuovo modo di fare sport, iniziato da quando il fisioterapista dell’ospedale dove era ricoverato, dopo la caduta, gli ha prospettato anche la vela, tra gli sport accessibili, anzi auspicabili per la riabilitazione.

La barca segna la tua vita anche per un altro motivo, però.
Esatto, per lavoro: ma quelle sono barche a motore, non a vela. Sono impiegato come ingegnere in un cantiere nautico e mi occupo dei calcoli di produzione.

E come mezzo sportivo?
Fu il fisioterapista che mi aveva in cura dopo l’incidente a prospettarmi la barca accessibile per i disabili, la 2.4

Così è cominciata, poi è continuata nelle acque di Portland (Uk), nel 2006, a Hyeres (Fra) l’anno dopo, a Rochester (Usa), dove fiocca la sospirata qualificazione paralimpica, all’ultima occasione utile.
Sì, però con la classe Sonar, quella olimpica, che ospita un equipaggio, mentre la 2.4 è imbarcazione per singolo, monoposto. Siamo stati l’ultima Nazione a qualificarsi. Poi le visite mediche a Roma al Cip, come di prassi prima di partire alla volta dei Giochi. E lì viene fuori che il nostro prodiere, quello con cui ci siamo allenati duramente e qualificati, Leonardo Lazzarini, aveva problemi fisici e non poteva andare a Pechino.

Così la ricerca affannosa del terzo uomo, dopo il timoniere che eri tu e il randista, Massimo Venturini.
Già, un cambio in corsa e l’inserimento di Antonio Squizzato, che si è allenato con noi solo dal febbraio 2008. Poi allenamenti intensissimi, fino a sera, nell’imminenza della partenza.

Quanto esci per mare normalmente?
Quasi mai in inverno: fa freddo, l’acqua è gelida e con le piccole barche che usiamo noi ci si bagna. Non è piacevole. Lo stesso quando fa molto caldo. Per il resto, in genere, sabato e domenica. Mettiamoci pure che qui al Lido di Iesolo, dove vivo, il vento è scarsissimo.

Se è così, è un ottimo allenamento per l’agonismo! Ma parliamo del Marco Collinetti privato. Intanto come si esce dalla depressione post incidente? Come si trova la forza? E come vedi la moto, oggi?
Ne ho paura, mi fa paura la velocità. Anche se il rischio l’ho messo sempre nel conto, pensando che se doveva succedere succedeva, oggi la moto mi fa questo effetto. Ho provato con il quad, ma ho riprovato la stessa paura, di rifarmi male. Cosa mi ha aiutato? Nel mio caso, ma non tutti hanno le stesse esigenze, è stato il desiderio di tornare autonomo. Ecco perché ho riprovato tutti gli sport che praticavo prima, mi sono aiutato da subito a stare in piedi con le stampelle. Avevo il desiderio di recuperare la vita di prima, al meglio

Con tutto quello che c’era: a parte la vela, il tennis, lo sci, il ping pong, la bicicletta, l’arrampicata sportiva. Nient’altro?
Sì, anche quella ho voluto riprovare, nella nuova veste, ma è davvero impossibile, faticosissima. Soprattutto per me che ho una lesione piuttosto alta e non ho capacità addominali tali da aiutarmi a sostenere il peso del corpo in sospensione. Lì le gambe fanno una grossa parte, è innegabile.

Però il nuoto…
Quello sì, posso dire che è lo sport più bello in assoluto, per i disabili: regala sensazioni di leggerezza, sospensione. È straordinario.

Fa lo stesso effetto a tutti, indistintamente. Ma parlami di Erica, tua fresca sposa…
Ci siamo sposati a maggio.

Ma conosciuti dove?
Alla Barcolana di Trieste. La vela torna, nel mio destino: lei organizzava la barca dei disabili che doveva partecipare all’evento. Tra loro c’ero anche io.

Galeotto fu il Ponte dei Sospiri
Già, galeotta la vela. Poi Erica mi ha seguito in America, per le qualificazioni, in Cina. Adesso aspettiamo anche un bimbo, un maschietto. Rallegramenti! Che dire? Solo : “niente è impossibile”.

FONTE:

SuperAbile.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *