Dagli esperti della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa costruita la prima mano bionica funzionante con il cervello

Braccio ArtificialeLa mano bionica è una realtà: il modello messo a punto dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e impiantato su un giovane italo-brasiliano nell’università Campus Biomedico di Roma funziona. Nel senso che l’uomo riesce a comandare l’arto con il cervello.

Come funziona. La mano bionica ha cinque dita indipendenti e dialoga con il cervello per mezzo di quattro elettrodi impiantati nel polso e nell’avambraccio. In questo modo l’uomo non soltanto controlla il movimento, ma riceve stimoli sensoriali. È il frutto di un grande progetto, chiamato “LifeHand”, che prevede impianto e sperimentazione di interfacce neurali su un soggetto amputato al braccio, finanziato con fondi europei per circa due milioni in cinque anni. I quattro elettrodi, messi a punto dall’azienda tedesca Ibmt, sono stati impiantati su due nervi del braccio: sono minuscoli filamenti flessibili e biocompatibili spessi 10 milionesimi di millimetro (nanometri) e lunghi 180 nanometri. Ognuno di essi ha otto canali (localizzati su altrettanti siti in paltino) che permettono il passaggio dei segnali fra cervello e mano. Di conseguenza il dialogo cervello-mano avviene grazie a 32 canali.

I materiali. La mano, pesante circa due chili, ha dita di alluminio; i meccanismi che permettono i movimenti sono in acciaio, mentre il palmo e la copertura sono in fibra di carbonio. L’intervento era avvenuto il 20 novembre 2008 nel Campus Biomedico: il paziente è un italo-brasiliano di 26 anni cui era stata amputata la mano fino a metà avambraccio dopo un incidente stradale e che si è offerto volontario. L’intervento, sul braccio sinistro del paziente, è stato condotto da tre chirurghi, due anestesisti, tre neurologi e quattro bioingegneri. Con un’altissima precisione, che ha richiesto al neurochirurgo mesi di addestramento, gli elettrodi sono stati inseriti all’interno delle fibre nervose. Non ci sono state complicazioni e il paziente è stato dimesso dopo due giorni dell’intervento. Strada aperta. In seguito l’uomo è riuscito a controllare i movimenti della mano, con tre tipi diversi di presa: chiudendo il pugno, serrando le dita come una pinza e muovendo il mignolo. Lo scambio di comunicazione fra mano e cervello ha comportato la riorganizzazione di quest’ultimo, in particolare nelle aree motorie relative ai muscoli dell’avambraccio, in prossimità dell’amputazione. Gli elettrodi, progettati per funzionare un mese, sono stati rimossi, sempre con un intervento in chirurgia generale. Sono passati sei anni dalla progettazione della mano all’impianto nel primo paziente. I ricercatori sanno che ci sono ancora molti problemi da risolvere, ma la strada è aperta. Tanto che si prevede di ripetere l’esperimento con altri pazienti per confermare l’efficacia del sistema.

FONTE:

SuperAbile.it

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