«Si parla tanto di inserimento dei disabili nel mondo del lavoro, ma dobbiamo arrivarci, andarci»… Una considerazione, che arriva da una giovane mamma alle prese con una vita in carrozzella, amara, vera e quanto mai d’attualità a Savona dove il trasporto dei portatori di handicap sul posto di lavoro rappresenta una barriera ben più insidiosa della mancanza di un ascensore o di uno scivolo. I problemi riguardano anche i minori, per i quali c’è l’Aias che se ne preoccupa. Ma fino a quando? Le casse dell’associazione presieduta da Maria Luisa Madini non navigano nell’oro. I giovani disabili che ogni mattina vengono portati a scuola o alle cure riabilitative potrebbero non potersi più servire dei due pulmini Aias «benché da parte nostra stiamo valutando la situazione e trovare rimedi a livello associativo»L’ancora di salvezza potrebbe essere rappresentata dal comune e dalla sua volontà di rivedere la convenzione, investendo qualcosa in più dei 60-70 mila euro attuali che vanno a coprire all’incirca la metà della spesa che l’Aias sostiene.
Con la specializzazione dell’Aias per i minori, il problema degli adulti si acuisce. E così succede che per muoversi l’invalido maggiorenne deve servirsi della Cooperativa Melogno – convenzionata con il Comune – aggrapparsi alla buona volontà di amici e parenti oppure contribuire con associazioni locali per poter rispondere alla chiamata del capo, nonostante la disponibilità di un mezzo di trasporto non sia un problema. «Argomento serio, quello del trasporto» ribadisce Antonella Rebagliati del consiglio d’amministrazione Aias. Le soluzioni sono ovviamente rapportate al reddito, ma per gli handicappati savonesi non resta che pagare. E c’è anche il caso di chi pur di raggiungere il posto di lavoro contribuisce con una cifra di poco superiore ai 200 euro mensili ad un’associazione (Aism) che giornalmente le permette di raggiungere la sua scrivania. Per gli invalidi, però, il problema non sembra essere neppure il portafoglio, soprattutto per chi una professione c’è l’ha, ma la certezza e la sicurezza del servizio, senza dimenticare la paura di uscire allo scoperto per non correre il rischio di ripercussioni. Anche l’Aism, a sentire la presidente risente della crisi generale. Sarebbe una sconfitta nella sconfitta. E allora ecco che la soluzione proposta investe la figura degli obiettori di coscienza e dei lavoratori socialmente utili considerati «l’ideale per aiutarci a vivere la città».
FONTE:
IlSecoloXIX.it