Più facile un terno al lotto che non far rispettare il diritto allo studio

Studente Disabile«Ma qual è il criterio, il “senso di giustizia” che può motivare il taglio delle ore di sostegno o la presenza di tre, quattro alunni con disabilità in una classe? Forse il nostro Paese non può o non vuole più permettersi i costi della presenza a scuola dei nostri figli “diversi”?». Se lo chiede con amarezza Gabriella d’Acquisto, presidente dell’ANFFAS Sicilia, di fronte a un anno scolastico in cui sembra più facile vincere un terno al lotto che non far rispettare il diritto allo studio degli alunni con disabilità.

In questi giorni, mentre ci affacciamo alla porta degli istituti scolastici con trepidante ansia, uscendone, purtroppo, con sicura delusione, ci appassiona, ci percuote, ci assilla un “mistero”, su cui grava una coltre tanto trasparente quanto impenetrabile. Potremmo definirlo “il mistero dell’insegnante scomparso”. Infatti, nonostante tanto rumore, tante tabelle, tante riunioni condotte anche dalle associazioni dei genitori in auguste sedi (presso la Regione), con il concorso di tante “parti sociali” (sindacati, Centri Servizi Amministrativi ecc.), nonostante spiegazioni matematiche e assicurazioni sincere, si è verificato quello che si temeva e che invano avevamo sperato di evitare: la concreta, indiscutibile, reale, non nascondibile riduzione delle ore di sostegno agli alunni con disabilità. Anche  ai gravi, anche ai gravissimi, anche a quelli certificati secondo legge, anche a quelli muniti di ogni possibile “imprimatur”.

Ebbene, quest’anno Giulio e Daniele, oltre a tanti altri, hanno trovato nove ore al posto delle tredici o delle diciotto dell’anno scorso, altri che potremmo chiamare Mario, Francesco o Giovanna hanno invece due, a volte anche tre, compagni disabili in classe, spesso ognuno con un insegnante impegnato per la sua frazione di tempo. Altri alunni, infine, “ancora non sanno” e restano “in attesa di giudizio”… Assurdo? Ebbene sì, non solo perché il diritto allo studio sembra trasformato in un “terno al lotto” e l’integrazione scolastica in un mito più grande di quel jackpot da tutti già inseguito e favoleggiato, ma perché ovunque dilaga – e fa male, fa male a tutti – un diffuso e radicato senso di confusione assoluta, di sfiducia in chiunque – da parte delle istituzioni – dia una qualsivoglia notizia, un senso comune di “presa in giro”, cui si aggiunge la pena autentica verso i propri figli e anche per quegli altri “figli di madre”, ovvero le persone che hanno perso il lavoro e sulla cui sorte ancora si dibatte. Che dire, inoltre, del ruolo stesso delle associazioni che si sono riunite per tempo, che hanno partecipato a tavoli tecnici, che hanno confutato i dati cercando di capire con un minimo di lucidità la situazione e che oggi raccolgono un ancor maggiore scoramento?

Il discorso si sposta ora dalle questioni generali a quelle concrete dei singoli, non perché quelle non siano importanti, ma perché da queste si susciti una risposta per tutti e queste risposte dovranno inevitabilmente essere ricercate in ogni competente sede. Se Giulio o Daniele non hanno tutte le tredici o le diciotto ore che avevano lo scorso anno, se il limite al numero complessivo degli insegnanti «ha carattere programmatico e organizzativo su scala nazionale e non può incidere sulle posizioni individuali che vanno considerate caso per caso», se la certificazione a sostegno della richiesta di Giulio o Daniele è vera e sacrosanta, regolare e tempestiva, dove sono andati a finire gli insegnanti scomparsi? Insomma, se i posti di sostegno sono stati tagliati ad alunni che ne hanno legittimamente necessità e diritto, qual è il criterio, il “senso di giustizia” di questo taglio? Qual è la risposta vera alle famiglie, agli alunni, anche agli insegnanti? Forse che questo Paese non può o non vuole più permettersi i costi della presenza a scuola dei nostri figli “diversi”? Se fosse così – Dio non voglia – fermate il treno e per favore fateci scendere!

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