Nuove Abilità: Perché la persona disabile non sia un peso da trasportare

Ritengo che l’Italia non sia in grado di poter fare a meno del contributo prezioso allo sviluppo offerto da tutti i suoi cittadini, nessuno escluso. Ogni cosa/persona che escludiamo a priori è forse un’opportunità che perdiamo.

Quando ho pensato al titolo della testata Nuove abilità ho pensato realmente non tanto alle abilità residue quanto alle nuove, a quelle che una persona può/deve sviluppare attingendo al proprio personale potenziale. Perché la persona disabile non sia un peso da trasportare ma una risorsa da valorizzare. Ognuno di noi ha i propri limiti, certo, ma per tutti è importante andare oltre tutto ciò che ci limita impedendoci semplicemente di vivere relazioni autentiche. In questo ognuno di noi è l’artefice principale, per costruire una società più solidale e coesa su valori forti.

Ho pensato ad una pubblicazione come a qualcosa che possa concentrare soluzioni concrete ai gravi problemi che la disabilità comporta. Sono convinto che non bisogna insistere tanto sui problemi quanto sulle soluzioni, per non riempire pagine semplicemente di polemiche. Non è inoltre vero che le cose non funzionano, esistono esperienze che fortunatamente hanno avuto un epilogo molto positivo.
Spesso gli sforzi non si concentrano su un’unica direzione, manca purtroppo un coordinamento ed una organizzazione e spesso la burocrazia rende le cose ancora più complicate. Per la verità, la volontà di risolvere i problemi esiste, manca qualcuno che raccolga quelle esperienze positive che possano essere da esempio e magari applicate in un progetto pilota ben coordinato. Non penso che sia tanto una questione di risorse, purtroppo certi tagli finiscono per limitare in alcuni casi non tanto la qualità del servizio quanto l’accesso al servizio.

Se così non fosse, perderemmo comunque in ogni senso.D’altronde questo è un problema di scelte. Normalmente chi gestisce grandi numeri, ponendo l’accento soprattutto su questi, perde di vista il soggetto trattato che non di rado viene perso di vista abbandonato al suo destino. E’ certo che in questo modo è probabile che una persona divenga più un peso per la società piuttosto che ritornare ad essere una risorsa. Ma nell’essere umano esiste una caparbietà che non permette di lasciarsi andare fino in fondo.

Per questo molte persone sono costrette ad andare in cerca di fortuna altrove, a volte all’estero in centri più specializzati nella domanda specifica relativa al tipo di disabilità e alla causa che la comporta.
Disperdere le risorse (come in Italia purtroppo accade) porta come risultato a spese spesso non oculatamente investite e che quindi non hanno il ritorno sperato. Sappiamo bene che l’Italia è alquanto zoppa per quanto riguarda la presenza di unità spinali specializzate, la cui presenza sul territorio è pressoché assente nel meridione.
Ritengo che, non potendo aumentare le risorse economiche, la Sanità pubblica debba intervenire nella riorganizzazione di ciò che già esiste, mettendo in evidenza le cose là dove funzionano non come bilanci da spendere ma come servizi alla persona realmente erogabili dall’inizio dei trattamenti e della cura al completamento del ciclo riabilitativo.

Perché i risultati non vengano visti a compartimenti stagni, come problemi slegati tra di loro, ma come passi progressivi in vista di obiettivi ben definiti. Perché ogni progresso vanificato può compromette (e di fatto compromette) il risultato finale.
La persona, d’altronde, non è un semplice insieme di organi, ma un sistema complesso e perfetto che ha bisogno di ritrovare la propria armonia. Dobbiamo quindi insistere sulle buone pratiche, là dove queste esistono, per permettere in qualche modo una contaminazione tra realtà in un ciclo virtuoso di miglioramento in efficacia ed efficienza (questo per salvaguardare anche i nostri bilanci). Si tratta quindi di contrastare quella cultura diffusa che ignora i problemi e delega le soluzioni.

Il problema della disabilità è sicuramente di ordine sanitario, ma non solo. Per permettere una reale e doverosa reintegrazione della persona nel tessuto sociale è necessario immergersi nelle problematiche di una vivibilità che manca anche nel contesto puramente civile e civico. Un impegno a cui tutti noi dobbiamo adempiere, perché del resto essere cittadini significa questo, impegnarsi attivamente nel contesto sociale in cui le problematiche si manifestano. In questo senso, l’essere cittadino significa essere anche una risorsa, per se stessi e per gli altri.

FONTE:
ParaplegiciLivorno

Un pensiero su “Nuove Abilità: Perché la persona disabile non sia un peso da trasportare

  1. condivido quanto appena letto e sarebbe interessante creare un sito dove si possano ricevere informazioni circa i sussidi per i nostri figli:dove trovarli,a chi rivolgersi, come procedere con le richieste, quali sono mutuabili e quali no,naturalmente valevole per tutto il territorio italiano e non solo regionale.Inoltre potremmo sentirci per insistere con le istituzioni di aumentare la gratuità di alcuni sussidi che sono di prezzo veramente esorbitante almeno per me.Quante cose sarebbero utili per mio figlio gravemente disabili ma poche sono le cose che mi sono concesse tramite Asl.

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