Sessualità e Affettività tra Filogenesi e Ortogenesi

Nella nostra società la cultura evoluzionista fa molta fatica a prendere piede. La stessa sessualità viene spesso letta in termini sociali, relazionali, affettivi, mancando totalmente del suo primo aspetto, quello evolutivo. Del resto l’evoluzione ci insegna che per avere successo le specie devono risolvere un problema fondamentale, quello della riproduzione.

In realtà poi, è la stessa evoluzione che nell’uomo ha permesso quello scarto da questo primo mandato biologico che ci permette di poter andare oltre la riproduzione dando al nostro essere al mondo e alla nostra sessualità nuovi volti e nuovi significati. Nella sessualità vanno quindi considerati almeno due aspetti, quello di una esperienza biologica, unita ad una seconda dimensione più culturale connessa alla complessa sfera dei significati.
Mac Lean parla di cervello tripartito, individuando tre formazioni anatomiche che si sono integrate e tra loro sovrapposte durante l’evoluzione.
Il cervello rettiliano corrisponde alla prima struttura. Riguarda il sistema nervoso e alcune strutture sottocorticali. Pensiamo ad esempio ad un serprente, uno degli animali meno evoluti, e pensiamo a quello che fa: a qualsiasi costo cerca di sopravvivere per riprodursi. Nei mammiferi e nelle specie più evolute, il cervello rettiliano in virtù dell’evoluzione certo non scompare, seppur venga annidato in strutture successive ed evolutivamente più complesse.

Nei mammiferi è ad esempio importante per quelle forme di comportamento regolate su base genetica e legate alla caccia, alla scelta della propria tana, all’accoppiamento, alla difesa del territorio. Anche negli uomini, allo stesso modo, possiamo pensare ad alcune modalità comportamentali legate a questa primitiva regione del nostro cervello.
Il cervello limbico rappresenta la seconda stazione evolutiva, che permette a chi ne è dotato nuovi gradi di libertà nel gestire e nell’affrontare l’ambiente. Il sistema limbico è legato a quei meccanismi di punizione e di ricompensa, alle emozioni, alla sfera affettiva.
Il gradino più alto dell’evoluzione, tipicamente umano, è però legato allo sviluppo della neocorteccia, tanto studiata quanto ancora poco conosciuta.

La neocorteccia permette all’uomo quello scarto dall’immediatezza che lo allontana inesorabilmente dalle altre specie. L’uomo non è cioè obbligato ad una modalità di azione-reazione col mondo, ma se ne può distaccare. Una libertà che sta alla base dell’astrazione e dell’ideazione, molto studiata non solo in termini scientifici ma anche antropologici e filosofici.

Pensiamo a Kierkegaard che sostiene come l’uomo sia il “rapporto tra finito e infinito”, ovvero quello di un essere finito, limitato, ma che di suo mira all’illimitatezza dell’essere rendendo lecito quello scarto dall’immediatezza, dal qui e ora, di cui si diceva prima. Una libertà così forte e radicata tale da rendere addirittura possibile l’ andare contro all’evoluzione medesima in base a scelte personali dettate dal prorio sistema valoriale. Neocorteccia quindi come autocoscienza, come autoconsapevolezza, come concezione dello spazio e del tempo, come ideazione e astrazione.
Questi tre cervelli, seppur molto diversi tra loro, funzionano in stretta sinergia. Ogni nostra scelta è così legata all’azione sinergica di questi tre cervelli così diversi, ma così tra loro integrati.
Tornando alla sessualità, ha allora senso collocarla su un asse evolutivo riconoscendo in essa aspetti diversi che possono essere riassunti in alcune dimensioni: riproduttiva, ludica, sociale, semantica, narrativa, ed una sesta dimensione, procreativa.
La prima dimensione della sessualità, quella riproduttiva, si rifà al cervello rettiliano. Il mando biologico risponde al bisogno di conservare la specie facendo prevalere il proprio genoma. Di fatto il cervello rettiliano è come se agisse in noi in modo del tutto inconsapevole, senza pensiero, agendo e portandoci verso la riproduzione.

Essendo la forma più primitiva di cervello annidata in noi, non è in grado di riformulare il proprio mandato biologico muovendosi in una direzione diversa da quella riproduttiva, seppur i cervelli limbico e neocorticale ne permettano una sua modulazione. Questo è dunque un aspetto da tenere in considerazione, pensiamo ad esempio ai vari programmi di educazione sessuale dove spesso la dimensione rettiliana non viene considerata o forse tacitamente nascosta come se non esistesse.
Tante specie animali vivono la loro sessualità non soltanto in chiave riproduttiva, ma anche in chiave ludica in una sorta di accordo presociale. Grazie al cervello limbico entrano in gioco le emozioni e la possibilità di arrivare ad un riconoscimento dei conspecifici, aspetto importante se pensiamo ad esempio al fatto che la sessualità di per sé non è connessa al riconoscimento individuale dell’altro. Attraverso il cervello limbico si rende inveve possibile il riconoscimento dei conspecifici con la possibilità di iniziare una relazione che può rimanere nella memoria e che sulla base delle nostre interazioni precedenti potrà dare significato al nostro essere attuale.

La sessualità limbica porta così alla formazione della coppia, che vediamo in alcune specie durare per tutta la durata dell’accudimento della prole in virtù dei vantaggi evolutivi che questo aspetto comporta. La dimensione ludica della sessualità è fondamentale se pensiamo ad un percorso di educazione sessuale nell’età adolescenziale dove è alto il rischio di “riprodursi” (ma senza volerlo) nel tentativo di giocare ad un gioco non svelato per la difficoltà a prendere una posizione in modo dichiarato.

Pensiamo ad esempio al corteggiamento, che ben si inserisce all’interno di una dimensione ludica della sessualità, tra l’altro non sempre rivolto a persone con le quali vorremmo poi stare insieme. In questo senso, tanto più nell’adolescenza, è come se il corpo fosse una “palestra” dove potersi esercitare senza farsi troppo male. Chiaro che poi ci sono dei contenuti, coma la violenza, non adatti al gioco, ma che anzi possono risultare molto pericolosi.

Nel gioco poi si parla di simulazione, e come tale può essere sempre interrotto nel momento in cui si trattava appunto di un gioco, ma dichiarato. Diverso il caso in cui si sta nel gioco una intera vita ma quando si chiede impegno e responsabilità ci si stupisca dal momento in cui lo si considerava appunto solo un gioco. Si tratta dunque di un confine molto sottile, diverso da ognuno di noi e che va continuamente negoziato nell’incontro con l’altro, in modo però dichiarativo e non tacito.
La terza dimensione della sessualità è quella sociale. In questa dimensione nasce l’esclusività del legame, con tutte le difficoltà –e i vantaggi- che questo comporta. E’ il piacere non solo dell’accoppiamento ma dello star bene con qualcuno. Ovviamente, parlando di annidamento e di cervello tripartito, non potremmo soltanto parlare di legame, perché ci sarà sempre e comunque un gioco da giocare e, ancora prima, un “serprente” da regolare. Nella dimensione sociale della sessualità intervengono tutti gli altri sistemi motivazioni interpersonali, connessi appunto alla nostra dimensione relazionale: il sistema dell’attaccamento e dell’accudimento, il sistema agonistico, il sistema cooperativo, le appartenenze. La stessa clinica delle probematiche sessuale parte da questa importante considerazione, che cioè il nostro sistema sessuale non è da solo sufficiente a sostenere una relazione.

Pensiamo ai casi in cui in una coppia siano attivi in modo poco bilanciato i sistemi di attaccamento/accudimento, con la conseguente difficoltà a vivere una attrazione erotica (pensiamo in questo caso ai disturbi del desiderio). O, ancora, al caso in cui prevalga il sistema agonistico, neanche in una sua forma ritualizzata; la stessa sessualità diventa terreno di scontro dove si possono sviluppare ansie, sensi di vulnerabilità, depressioni (con rischi di sviluppo di disturbi della risposta sessuale).

La dimensione sociale ci espone ovviamente a dei rischi essendo fondata sul legame, quali l’abbandono, la possibilità di perdere una base sicura, la perdità di libertà, la possibilità di ritrovarsi in una situazione costrittiva, la possibilità di rimanere delusi, la possibilità di scoprire di stare male all’interno del legame in virtù del legame stesso.

Ognuno di noi, in base alla propria organizzazione cognitiva ed in base al proprio sistema di significati darà priorità all’uno o all’altro aspetto, che verrà pesato prima e durante ogni relazione. Un legame è cioè un grande rischio, perché non basta scegliere la persona giusta, ma “essere” la persona giusta avendo trovato la persona giusta.
Ovviamente, il legame duraturo per eccellenza, come il matrimonio, non si colloca all’interno della dimensione sociale; del resto, pensare di sposarsi solo perché innamorati è impensabile, mentre se lo si fa mentre lo si è è ideale. Nel primo caso saremmo in balia della biochimica del cervello che ci porta ad uno stato alterato di coscienza. Di contro, nello sposarsi è insito un progetto di vita.
La dimensione semantica rappresenta un passaggio ulteriore nella scala evolutiva. Abbiamo visto come nell’uomo, rispetto alle altre specie, sia possibile uno scarto dall’immediatezza; lo sviluppo della neocorteccia porta con sé nuovi mandati biologici, non solo quelli rettiliani della sopravvivenza e della riproduzione, ma quelli legati al senso ed al significato condiviso.

Le premesse per questo nuovo mandato le abbiamo già in parte sottolineate, come il senso di sé nel tempo, la possibilità di mettere in ordine sequenziale gli eventi, la possibilità di andare oltre al significato primitivo degli stessi generando nuovi significati e, per ultimo ma non da ultimo, la possibilità di raccontarsi.

La capacità di generale significati è prelinguistica e va ben oltre il linguaggio seppur esso ne permetta un racconto o una condivisione più codificata. Il linguaggio è già presente nei gesti e nei segni, e lo stesso corpo diventa così luogo di incontro. E’ ciò che Damasio nomina come “coscienza estesa”, possibile attraverso la condivisione che ci fa andare oltre noi verso l’altro.

Attraverso la dimensione semantica la sessualità acquisisce nuovi significati, andando oltre il mandato rettiliano del riprodursi ad ogni costo, e andando oltre i due mandati precedenti della dimensione ludica e sociale, pur come detto, sempre presenti in un’ottica di “annidamento” e di cervello tripartito.

In questo nuovo mandato troviamo la necessità di dare senso e un significato più profondo e condiviso alla nostra sessualità, possibile appunto grazie alla nostra coscienza estesa che a sua volta ci permette di generare sequenza condivise con l’altro dandone poi la possibilità di una lettura sempre nuova e diversa. In questa gerarchia di mandati e di dimensioni il fare l’amore contiene il fare sesso, e ovviamente il fare sesso non necessariamente include il fare l’amore.

Questo ci permette ad esempio di andare contro la nostra evoluzione e contro i nostri primi mandati biologici, andando contro, come si accennava prima, alla stessa natura dell’evoluzione. Se il nuovo mandato è legato al senso e al significato, tanto più quando condiviso, ne deriva che non necessariamente sarò obbligato ad ascoltare il sistema rettiliano.

Così come ci sono molti animali che sono pronti a dare la loro vita per la difesa della prole, andando contro un mandato biologico precedente, l’uomo può andare ben oltre, potendo anche decidere di sacrificare la propria intera vita per degli ideali, per delle idee, per una fede. Se alla luce di ciò tutto acquisisce una nuova dimensione, anche gli stessi gesti e modalità che ad esempio in una dimensione ludica sono importanti per scambiarci reciprocamente piacere, qui diventano importanti perché appartententi a quella persona unica e irripetibile in una rilettura carica di nuovi significati.

Se il corpo diviene luogo di incontro e di memoria, la dimensione narrattiva ci permette di costruire storie in un passaggio ancora più alto. Pensiamo ad esempio alla morte, dove più doloro del distacco in sé è l’impossibilità a continuare un discorso ed una storia insieme, come se venisse improvvisamente a mancare una parte di noi.

Alla luce delle dimensioni sopra descritte, la sesta, quella procreativa, si pone in continuità con quella narrativa acquistando nuovi significati e nuove valenze seppur da un punto di vista ultimo possa essere messa in analogia alla prima dimensione riproduttiva-rettiliana. In questo contesto, però, un bambino è collocato all’interno di una storia, e non solo “generato” in virtù del nostro essere rettiliani nel seguire un mandato biologico.

Non è legato al solo stare bene insieme in una dimensione sociale di esclusività del legame e di riconoscimento dell’altro come mio partner sessuale e affettivo.

Non è solo legato ad una dimensione semantica che mi permette di rileggere me nella relazione e la relazione medesima con uno sguardo nuovo e diverso. Si colloca all’interno di una dimensione narrattiva come sua naturale continuità all’interno di un progetto di vita condiviso.

Dr. Francesco Rovatti Ph.D.

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